lunedì 2 dicembre 2013

Va' pensiero...

Ultimamente le ospedalate della paperfamily si sono fatte meno frequenti, e se ci sono state si sono risolte piuttosto brevemente, quasi quasi in gite turistiche (...).
Così Lady Nutria e Sir fagiano hanno avuto tempo da dedicare un po' anche a loro stessi, a quelle cose che facevano ...."prima". Perchè nella loro vita precedente mamma e papàpapero avevano anche degli interessi, eh sì, mica stavano lì ad aspettare di imparare a pulire un broviac o di fare un cateterismo!
E così ieri sono andati a teatro! Sììììììì, a teatro! quel posto mezzo vuoto...dove bisogna fare silenzio, non si può sgranocchiare, quel posto dove non puoi cambiare canale, sì, quello lì. Ma siccome lo spettacolo* non era drammatico il teatro era pieno, e siccome era fatto proprio bene, il pubblico cantava. Sì, il pubblico cantava! Ma mica...che ne so...Ligabue, o Katy Perry, no no. Il pubblico cantava le arie più famose di un certo Giuseppe Verdi. Così, foglietto alla mano, una donna delle pulizie  (mmmmhhh chissà, forse prima faceva le pulizie al Bol'soj...) come maestra del coro, e via!
E così mamma e papàpapero hanno scoperto una cosa. E questa cosa gli è rimasta dentro, a decantare...a risuonare piano (...zum pà pà, zum pà pà...) anche dopo lo spettacolo, poi a casa, tra una cucchiaiata di pappa alla Papera e un soliloquio di Bellacana, e durante la notte, e nella mattina al paperclinico... e poi qui, sulle pagine del blog. 
Questo è un post un pò fuori dagli schemi. Perchè non parla strettamente nè della paperfamiglia, nè di altri oncoguerrieri. Parla di un dolore. Di come un dolore può ucciderti, o al contrario, se in te rimane anche sono un sottile spiraglio aperto, può cambiarti....e non sarai mai più quello di prima.
E' come una favola, una favola triste ... ma se vogliamo, a lieto fine (quantomeno per la lirica).
Giuseppe Verdi è un giovane compositore, la sua prima opera debutta alla Scala e ha un discreto successo, tanto che l'impresario  gli commissiona un altro lavoro, l'opera buffa Un giorno di regno, lui non ha nemmeno trentanni, una moglie, Margherita, e due bambini piccoli, Virginia e Ilicio. Il futuro sembra spalancare le sue porte ...ma come ben sappiamo il destino è molto bravo a sbatterle fragorosamente in faccia a chi su quel futuro si sta affacciando. 
E così... nel giro di due anni muoiono prima Virginia, poi il piccolo Ilicio, infine, a causa di un'encefalite, anche la moglie. Giuseppe Verdi ha 27 anni, la sua vita è stata fatta a pezzi dal più devastante dei dolori, deve finire di musicare un'opera buffa. La sorte ha voltato tutte le sue carte e si è rovesciata. 
Un giorno di regno debutta, è un fiasco colossale, Verdi vuole lasciare la musica, la sua vita non ha più alcun senso, non comporrà mai più. 
Ma...c'è sempre un ma in queste storie, l'impresario dopo aver a lungo cercato di dissuaderlo dai suoi propositi, gli infila in tasca a forza il libretto con i versi di una nuova opera . Verdi non vuole saperne, torna a casa, getta i fogli sul tavolo e ...l'occhio gli cade su una frase. Una sola frase. Sembra scritta per lui, nel suo sconfinato dolore di marito, ma ancor più di padre che ha visto il suo mondo sbriciolarsi intorno a sé in un soffio. Una frase tocca il suo cuore, e dà fiato a tutte le parole che ci sono dentro. Dentro al cuore, ma anche negli occhi annegati di pianto, nella testa che non trova un senso e vaga sperduta senza nessuna stella polare. 
Quella frase dice così "Va' pensiero, sull'ali dorate..."
va' pensiero... e il pensiero di Verdi è uno solo, sempre, da tempo. Un pensiero di famiglia, che sa di buono, di caldo, d'affetto e nostalgia. Un pensiero che finisce ogni volta con uno schianto mortale, un tonfo, una voragine che inghiotte tutto il buono, il caldo, l'affetto...e lascia solo la nostalgia. Un buco immenso al quale non c'è cura, nè rimedio...se quel pensiero non lo lasci andare. Se non lo liberi, se non gli permetti di uscire fuori e prendere il volo, e nella sua dolce tristezza non gli permetti di avvolgerti il cuore, gli occhi, la testa...e di andare via, lontano, come un canto, come una musica, per onorare quello che di bello è stato e che lì, in quel pensiero, potrà essere per sempre.
E così Giuseppe Verdi scrive di getto la musica del Va' pensiero, poi legge tutto il libretto e decide di comporre le musiche del Nabucco.
Quello che succede dopo è storia della lirica, il Nabucco è un successo, di più, un trionfo, sessantaquattro repliche solo nel primo anno. 
La vita di Giuseppe Verdi cambia per sempre.
Io non so bene perchè i papergenitori siano rimasti così colpiti da questa storia, forse perché avvicina un personaggio "severo" come Verdi ad una persona comune, spostandolo da quell'icona barbuta che ci guardava dalle vecchie mille lire. O forse perchè quel pensiero che va', che dovrebbe andare,...che vorrebbe andare, lo conoscono un po' anche loro. Quel pensiero che se non lo liberi ti inchioda lì, ti ferma come una fotografia e ti trascina verso il basso, nelle sabbie mobili del dolore. Ed è un pensiero che ogni oncogenitore conosce, a modo suo. Allora forse è per questo che oggi mamma e papàpapero hanno deciso di raccontare questa storia. Senza sapere davvero il perchè, ...nè se c'è un perchè. Ma a loro questa storia ha parlato, magari parlerà anche a qualcun'altro.
O forse... canterà...

Va' pensiero, sull'ali dorate;
Va, ti posa sui clivi, sui colli,
Ove olezzano tiepide e molli
L'aure dolci del suolo natal!
Del Giordano le rive saluta,
Di Sïonne[3] le torri atterrate...
Oh mia patria sì bella e perduta!
Oh membranza sì cara e fatal!
Arpa d'or dei fatidici vati,
Perché muta dal salice pendi?
Le memorie nel petto raccendi,
Ci favella del tempo che fu!
O simile di Solima ai fati
Traggi un suono di crudo lamento,
O t'ispiri il Signore un concento
Che ne infonda al patire virtù!


http://www.youtube.com/watch?v=e1JkhNOcXGo   

*Verdi, narrar cantando;
regia:Marco Paolini, César Brie
voce narrante:  Marco Paolini

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