domenica 10 dicembre 2017

nine lives

Nel 1961 esce Colazione da Tiffany, il film. Qui un giovane e fascinoso George Peppard veste i panni dello squattrinato scrittore Paul Varjak (Fredbello!), il titolo del suo primo ed unico romanzo è : Nine Lives, nove racconti in cui narra le storie di nove contorti, urbani, newyorkesissimi personaggi dell'america fine anni '50.
Così, stavolta mi è venuto in mente questo titolo pensando a quante vite si possono vivere in una sola. E all'interno di una famiglia' quante vite, quanti inizi ci possono essere, a guardare bene? Molte persone definiscono la propria vita noiosa, piatta, monotona, forse non si sono mai fermate a guardare bene indietro. Qualcuno dice che non si dovrebbe fare, che bisogna vivere proiettati nel presente, vivendo ogni giorno come fosse l'ultimo. Sì, va bene, è molto bello, molto intenso come stile di vita, ma credo che a volte accadano cose, anche piccole, insignificanti microeventi di nessunissima importanza che però inceppano la corsa, si  cristallizzano in un'istantanea in bianco e nero e ci sciorinano sotto il naso l' ineluttabile scorrere del tempo.In senso buono, intendo.
Oggi, per esempio.
Stamattina Bellacana ha deciso di fare spazio. Di sua spontanea (più meno) volontà ha preso un grosso scatolone e ha deciso di liberarsi di cose, giocattoli, giabanini, zavorra, per permettere a ciò che verrà di trovare un posto (che come disse il già citato bagnino Diego del Bagno Galattico di Lido delle Nazioni "Bisogna che le cose finiscano per permettere ad altre di cominciare"), e così, frugando dentro questo entropico contenitore Mammapapera e Papapaero hanno ripercorso i 7 anni del pargolone primogenito.




 7 anni, quante vite in questi sette anni? La prima, da neonato, coccolato, figlio unico e unico nipote di ben quattro nonni adoranti, poi l'inizio della sua vita sociale al nido, i primi amichetti, le regole della convivenza... poi lo tzunami dell'arrivo di una sorellina, la sua seconda nascita a fratello maggiore, nuovi obblighi, nuove responsabilità, nuove regole. La scoperta di un amore nuovo, difficile, complesso e tortuoso per questo nuovo esserino così dolce ma così caparbio, che chiede, anzi, esige di dividere per due l'amore di mamma e papà (strana equazione quella del'amore famigliare, per moltiplicarsi si divide... e viceversa) e tutti i cataclismi che questa sorellina tanto amata si è portata dietro. E intanto continuare a crescere, cominciare la scuola elementare, affrontare nuove sfide e ostacoli più difficili da superare. Sentirsi ancora bambino,con tutta la voglia di giocare e saltare sul letto, ma avvertire già dentro l'esigenza di coltivare un mondo proprio, un universo parallelo, una no man's land segreta in cui rifugiarsi quando tutto questo crescere si fa assordante e frenetico.
Certo che anche i Papergenitori, ravanando tra una Barbie Cenerentola e uno stegosauro, di vite e di rinascite, ne hanno avute un bel po'.
La prima vita di mammapapera è stata quella da solitaria adolescente alternativa, esistenzialista per di più! Eccola tutta vestita di nero con la sua sciarpetta rossa e il naso infilato in qualche libro di eco sartriana che attraversa a larghe falcate  Piazza Roma per portare un po' del suo snobismo provincialfilosofico tra le mura scrostate dell'Istituto d'Arte.
Poi la prima rinascita, quella del teatro. Una nuova sicurezza data dal calcare le scene e dalla consapevolezza di riuscire piuttosto bene a raccontare, col proprio corpo e la propria voce le storie di altri. Eccola tutta vestita di nero con la sua sciarpetta rossa e il naso infilato in qualche libro di eco grotovsckijana che attraversa a larghe falcate  Piazza Duomo per portare un po' del suo snobismo teatralfilosofico tra le mura scrostate della Civca scuola d'Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano.
E la delusione che porta a nuove consapevolezze, un'altra vita ancora. Cambiare strada per perseguire ancora lo stesso obiettivo, si chiama crescere no? provare, fallire, riprovare e fallire meglio, ed eccola tutta vestita di nero con la sua sciarpetta rossa e il naso infilato in qualche libro di eco artaudiana che attraversa a larghe pedalate  il ponte della Bolognina per portare un po' del suo snobismo teatralalternativo tra le mura affrescate del DAMS.
Poi l'incontro fatale con Papapapero, la loro nuova vita insieme felice e spensierata... fino alla malsanissima idea di metter su famiglia, ed eccoli nascere a nuova vita come genitori, impacciati, maldestri, innamorati di quel frugolone affamato e panzerotto che oggi li guarda dietro un paio di buffi occhialietti da Clark Kant chiedendosi "Avrò fatto abbastanza spazio per i nuovi doni di Babbo Natale?". E quando ormai pensavano di essere pronti e "imparati" all'arrivo della secondogenita... ecco una nuova fine e un nuovo inizio. La fine della vita tranquilla per come la conoscevano loro e l'inizio  di una nuova, terribilmente complicata avventura.
Persino Papapapero non è sempre stato lui, macchè! La sua prima vita è quella di estroso secondogenito di una solida famiglia borghese, poco incline a seguire le regole dei figli della solida borghesia modenese si butta a capofitto nello scoutismo e nell' attività di animatore parrocchiale.
Ma non gli basta, la voglia di esprimere il suo estro, che ben poco si confà al mood delle solide famiglie della borghesia modenese, lo porta ad imbarcarsi sulla sua seconda vita: eccolo che naviga nel mare mosso dell'Università del Progetto cercando di dare voce a quella sconfinata fantasia virante all' assurdo che scorre nelle sue vene (e qui sarebbe lecito pensare ad uno scambio in culla, vista la totale estraneità di tutto ciò alle ben delineate regole della solida famiglia borghese).
Ma ancora non basta, altre aspirazioni muovono il suo giovane spirito tumultuoso, ed eccolo abbandonare lo sfavillante mondo del design  per intraprendere la carriera di studente di psicologia. Introspettivo e creativo come sempre cerca poi di coniugare tutte le sue passioni convogliando verso un fine più alto e meritorio: l'aiuto del prossimo, fino a scegliere un lavoro nel sociale... che più sociale non si può!!!
Poi l'incontro fatale con Mammapapera, la loro nuova vita insieme felice e spensierata... fino alla malsanissima idea di metter su famiglia, ed eccoli nascere a nuova vita come genitori, impacciati, maldestri, innamorati di quel frugolone affamato e panzerotto che oggi li guarda dietro un paio di buffi occhialietti da Clark Kant chiedendosi "Avrò fatto abbastanza spazio per i nuovi doni di Babbo natale?". E quando ormai pensavano di essere pronti e "imparati" all'arrivo della secondogenita... ecco una nuova fine e un nuovo inizio. La fine della vita tranquilla per come la conoscevano loro e l'inizio  di una nuova, terribilmente complicata avventura.

Ovviamente in questo scatolone delle meraviglie c'è anche lei. La bambina che visse due volte...anzi, tre.
No, speta... quattro, perlomeno.
E poi e poi... qui ogni giorno si cresce a vista d'occhio, in altezza e in competenze. Sembra quasi che si rinasca un po' ogni giorno.
Altrochè Nine lives!

Non so, mi sa che ho toppato il post. In partenza voleva essere una roba introspettiva e citazionistica.... forse un po' snobisticamente filosofichesistenzialista. Ma di tutto questo finora c'è pochino.
E insomma, basta stare un po' attenti, non fossilizzarsi a tutti i costi, lasciare che a volte accada, scegliere che succeda.
Cambiare strada, provare a perdersi, andare a capo prima che la frase finisca...
Allora mi piace metter una colonna sonora a questo post strampalato. Una musichetta scanzonata che accompagna parole... così, che sembrano leggere ma poi a ben ascoltare sono tutto quello che c'è:

"Perchè si può nascere un'altra volta, e poi ancora un'altra volta se ti va"




lunedì 4 settembre 2017

Give me five!!!

 GIVE ME FIVE…...ALL RIGHT!
Dammi un cinque Paperaccia, che l'hai dura la pelliccia!
Hai compiuto una mano!!!
Cinque come le dita di un tuo piedotto, e tu di passi ne hai fatti.
Cinque anche come le linee del pentagramma, su cui scrivere canzoni come quelle alternative che piacciono a te: “ Capelli che… cadonooooooo...”
Cinque come i minuti, quelli che che a volte vengono ai papergenitori quando, ad esempio, cercano per tutta la casa le chiavi della Camiotta (l’auto di Papàpapero) per poi scoprire di averle in tasca, o in mano ...o in frigo!
    Cinque come i cinque elementi di Platone: terra, fuoco, acqua, etere.
    Naturalmente cinque come anche le Winx: Musa, Stella, Bloom, Tecna e Flora (Aisha è arrivata dopo, nella seconda stagione) che accompagnano le tue bevutone di latte freddo sorseggiato come un grappino prima d andare a dormire.
    Insomma cinque come gli esseri viventi che compongono la Paperfamily (cane incluso)... escludendo blatte, formiche e ragni domestici.
    Cinque, cinque come i tuoi anni da Papera Guerriera, che a differenza di quelli dei cani non si moltiplicano per sette (o nel caso specifico del tuo quattrozampe per setter), né per qualsiasi altro numero, ma si moltiplicano semmai per esperienze, vite vissute, capitoli interrotti, chiusi, ricominciati. Ma soprattutto si moltiplicano per nuovi inizi.
    Papàpapero sorride ancora pensando a quando, durante l'ultima risonanza, a fine luglio, ascoltava le preoccupazioni di un vetusto paziente over 85 alla sua prima esperienza nella macchina dai rumori strani, mentre tu ,quattrenne, eri solo alla… alla…? all’ennesima.
Vita, vita… perché sei tu, vita, la rosa, pur con un’altro nome, conserverebbe comunque lo stesso profumo… ops, non shakespeariamo (non troppo almeno), è passato il tempo delle domande esistenziali sul perché e per come, qui ora ci si vuol stupire in pace del tempo che passa, che corre spettinando le rughe agli adulti e spruzza sviluppina sulle piume dei due fratellini.
Cinque anni, cinque anni nel 2017. Che fortuna! Eh sì, perché certe cose mica le decidiamo noi, nella legge selvaggia ed entropica legge della natura avrebbero potuto non esserci, questi cinque anni. Sarebbe bastata un’epoca diversa, neanche tanto eh, forse anche solo due decenni, forse solo uno. Sarebbe bastato nascere in un Nullistan qualsiasi di questa stessa epoca... E la papera avrebbe potuto non guarire. Non sopravvivere. Cosa sarebbe successo al frugolino nato con l’esofago storto e occluso e successivamente pluritumorato nella coda? che prospettive avrebbe avuto? forse qualche femminista sessantottina un po’ alternativa avrebbe usato la tua storia come denuncia contro le radiazioni di Hiroshima, o contro la guerra in Vietnam, avrebbe fatto stampare milioni di T-Shirt con la Papera Guerriera rubando al buon Che Guevara il premio della maglietta più venduta.
E il guaritore del Nullistan? forse invece ti avrebbe fatto sull’esofago un impacco di poltiglia di banane e frullato di l cimici albine, o forse ti avrebbero abbandonato nella rupe dei pennuti maledetti, spaventati da quella protuberanza sul culetto...
O forse semplicemente non sarebbe successo niente, non saresti riuscita a nutrirti e la tua vita sarebbe stata breve come il batter d’ali di una farfalla, come accade sovente nei Nullistan del mondo, e non ci sarebbe stata nessuna Papera Guerriera.
Invece,fortunatamente siamo qui. A contare uno alla volta questi cinque anni, così pieni e intensi, 1826 giorni, ogni giorno un immenso regalo che non appartiene solo a noi, ma anche ai medici e agli infermieri che ti hanno curata, agli amici e ai familiari che ci hanno sostenuto, appartengono alla ricerca, alla scienza, appartengono alle cavie che sono state utilizzate per la sperimentazione e ai ricercatori che hanno speso vite intere con l’occhio appoggiato al microscopio.
In questi giorni si fa un gran parlare di cure mediche necessarie o meno. Si parla molto di vaccini… è difficile non essere toccati da questo tema, ne sproloquiano persino Povia e Barbara d’Urso, vien spontaneo dire due paroline anche anche ai papergenitori.
Diciamo che tutto questo gran can can tra pro-vax e free-vax (che poi dovrebbero essere no-vax) li fa un po’ sorridere. Da un fronte all’altro volano improperi e malauguri, e molto spesso si leggono opinioni basate su di un nulla tale da rasentare l’assurdo, un po’ però li fa anche rabbrividire, questo teatrino, queste voci stereotipate e marionettistiche che acclamano la propria libertà di decidere senza regole, come se si trattasse di scegliere tra due paia di scarpe.   
Credo che questo succeda perché manca la consapevolezza del fatto che scegliere come curarci è un lusso moderno, siamo troppo giovani per ricordarci di qualche epidemia, la nostra generazione è la prima a non avere sul braccio il segno del vaccino contro il vaiolo. Ci ricordiamo i primi discorsi sull’Aids, la peste degli anni ‘90, ma ora non se ne parla più (e non è che sia passata eh, ma se non se parla non esiste), sembra un problema dell’Africa, lontano ( non è e non è mai stato così), comunque pare che non ci riguardi, non abbiamo tempo per queste cose, dobbiamo concentrarci sul nostro ombelico, sul nostro piccolo orticello, sull’infinitamente piccola probabilità che quello 0,00000000000000000000000001% di effetto collaterale tocchi proprio a noi e allora la medicina moderna diventa il male. Perché le medicine fanno male, i vaccini contengono metalli pesanti, la chemioterapia favorisce lo sviluppo di tumori… bè, lasciatevelo vero dire, sì, è vero! Noi oncogenitori abbiamo firmato consensi per terapie i cui effetti collaterali avrebbero potuto, in certi casi, essere paragonabili alla malattia che si cercava di debellare. In certi casi. In CERTI CASI! E l’abbiamo fatto, perché comunque il rapporto rischio/beneficio era ce a vantaggio del secondo. Vorrei che nessuno dovesse mai trovarsi in situazioni come queste, e mi sembra grottesco pensare che altrimenti non si possa capire davvero quanto dobbiamo alla scienza e alla medicina. Ma siamo nati dalla parte giusta del mondo, in un’epoca di benessere, stiamo bene, e allora non ce ne accorgiamo. Perché prendere farmaci? ci avvelenano e basta. Perché vaccinarsi, chi l’ha mai visto un poliomielitico? È tutto un interesse economico…
Mha, non so… e se fosse il contrario? La cura per una malattia grave di solito costa più del vaccino per prevenirla…
C’è molta confusione, e troppa arroganza, pretendiamo dalla scienza risposte esatte al millesimo e garanzie al 100%, perché non pretendere le stesse spiegazioni da tutte le voci del dibattito? Perché ad una parte è chiesto di fugare tutti i dubbi e all’altra solo di sollevarne? Non e presunzione esistenziale questa?
Si sta andando fuori tema, cosa c’entrano tutte queste pippe con il tuo compelanno Paperaccia? C’entrano, forse solo per noi papergenitori, ma guardandoti adesso, a cinque anni suonati, ripensando a tutto quello che abbiamo vissuto… beati quelli che nella vita non avranno mai bisogno di un dottore, ma fortunati noi che ne abbiamo incontrati alcuni tra i migliori, e che oggi siamo qui a progettare la tua festa anche grazie ai vaccini e alle cure per il cancro.
Tu, Paperina bella, dici che da grande farai la dottoressa, bè, cara mia, ne avrai da fare, restano ancora da scoprire, tra le altre cose, le cure per la superficialità e il vaccino contro l’ignoranza.

Buon lavoro!


domenica 19 marzo 2017

Fathers and Sons





Nei vecchi palazzi delle città si trovano ancora sui portoni e nei citofoni delle targhette in cui i cognomi degli inquilini sono preceduti dal titolo professionale: Dott., Ing., Prof., Rag.
Un tempo era un’abitudine consolidata, come se ci fosse la necessità di identificarsi nel proprio lavoro, il bisogno innato di avere una qualifica, appartenere a una classe, dichiarare al mondo la propria identità. Però, onestamente, non ho mai visto una targa con scritto: Op. Spec., Idr., Elettr., Ed., Mur., Oss., Inf., Disoc., Becc.,… strano, perché ogni professione ha il suo ruolo in una società democratica, e richiede dignità e rispetto.
Oggi i campanelli moderni sono più sobri, sarà per il fatto che i “Dott.” Sono esponenzialmente aumentati, o forse perché servirebbero campanelli srotolabili “Arleoni Dott. in scienza dell'Educazione, laurea triennale”,” Dott. Ganz, dottore in medicina e chirurgia specialista in Psico biotica microscrotica con bifidus”, “Dott.sa Manfredi, specialista in drammaturgia applicata e in senso letterale e metaforico”… e così via.
O forse semplicemente i campanelli non si suonano più, sostituti dagli squillini sul cellulare. E poi con i social, si può raccontare tutto di sé, altrochè targhetta!
Sarebbe ancora più incredibile se, come in un tweet, si potesse sintetizzare qualcosa della nostra identità con una semplice targhetta alla porta: “Single Benni Paolo”, “Ceprovocontutte Rossi Gedeone” , “Pastafariano Platano Gennaro”, “Nerd Montorsi Francesca”.
Ecco… cosa potrebbe esserci scritto sul campanello della Papera? Probabilmente Oncofamily.
In realtà sulla targhetta alla porta della Paperfamily ci sono una paperella e una cana stilizzati, ma papà papero vorrebbe un titolo anche per lui: Dott. Papàpero! ... Ma nooo si è laureato a 38 anni suonati con un corso universitario on line per corrispondenza...
Forse meglio Cav. dell’Ordine di Santa Pazienza protettrice delle oncocampagne… noooo, alla fine non se ne farebbe nulla. Allora forse Papàpero Martire protettore di tutti i mariti che sopportano megere di mogli, madri e suocere. Noooooo, nooo e ancora noooo, allora... San Papàpapero protettore di tutti gli educatori? Ma no, è già stato scomunicato per aver traviato Mamma Pinguibox.
No, tutto dovrebbe essere più semplice, basterebbe ci fosse scritto: Papà (o anche Papi, Papiiinoooo, come quando Bellacana, con fare e allegramente zuccheroso, lo chiama, e allora non ci sono Dottori, Conti, Visconti, Cavalieri , Cavalli o Somari).
Papà è un suono che rimbomba nell’intimo ed esplode nel cuore facendolo sentire VIVO.
A volte Papàpapero nemmeno ci crede, e si ritrova a riguardare le foto del suo quasi settenne e della sua Papera e a dirsi che, cavolo, è tutto vero!
Ci sono cose che lo fanno intenerire, come fare le lavatrici e buttare nel cestello la biancheria, i suoi calzini bucati, le mutandone ascellari di Mammapapera, e poi... calzino a forma di rana ,calzino con fiorellini, slippino delle ninja turtles... e improvvisamente si sente grande, grande inteso come adulto, ma grande anche perché è una gran cosa, e tutto si chiarisce e riemerge dalla solita corsa quotidiana. È buffo, basta una canottierina taglia nano per riscoprire la magia dell’essere genitori.
Essere Padre è sentirsi parte di un incantesimo ancestrale, lo stupore di veder crescere qualcuno da zero, da prima della sua comparsa sulla terra... è smadonnare in aramaico perché le scarpette da 60 euro comprate due settimane fa non si infilano più, mannaggia!!!
E’ scoprire improvvisamente che un gesto come avere il pargolo a cavallo sulle spalle può portare automaticamente a un ricovero diretto in chirurgia per pluriernie e contemporaneamente a traumatologia cranica pediatrica perché… cacchio, fino a ieri ci passavamo sotto al tendone del bar!!!
Essere padre è riscoprirsi bambini, basta una palla, una spada di legno per essere ancora capaci di trasformare il letto in un vascello pirata, e salvare il pelouche rapito dal drago cattivo, sgominare la banda di omini playmobil ladri di tesori, e poi... poi accanirsi e voler continuare a giocare finchè “Papi siamo stanchi, possiamo guardare un cartone???”
Essere padre è abbracciarli, stritolarli ,annusarli questi bambini (evitando accuratamente i piedoni naturalmente) e lasciarsi inebriare dalla loro innocenza, farsi inondare dalla loro energia, e da quel profumo, quell’odorino di latte, zucchero, polvere e sogni.
A volte Papàpapero si lascia trasportare dal domani, si chiede, braccando i suoi pargoloni, chi sto abbracciando? Un futuro ing. o dott., o forse un mur. o una drag. un galeott? Chi lo sa, e li stritola più forte.
Ma poi, chisennefrega di che professione faranno, che orientamento sessuale avranno, i papergenitori sognano due adulti del futuro che, come due scarabei stercorari, sappiano apprezzare fino in fondo quella palletta di vita, e che siano in grado di farla rotolare fino a renderla meravigliosa, o semplicemente rendere meraviglioso viverla.
E così Papàpero si ritrova a stritolarli come per difenderli da un futuro enigmatico e insondabile, con quei grandi punti interrogativi che a volte si infilzano nella pelle e diventano timori, tumori: la Papera starà bene? Per quanto? Per Come? E Bellacana, con la sua dolcezza e sensibilità, quanto sarà segnato dalle oncobattaglie vissute? Insomma, i soliti cazziemazzi tipici di un oncogenitore ansioso che in quegli stritolamenti degni di Kaa si rifugia come per voler bloccare il momento, l’adesso in cui tutto va bene, perché come dice il saggio Somariano, l’educatore incontrato a Malga Riondera, i genitori devono essere porti sicuri ma a volte i figli sono insenature naturali dove rifugiarsi dalla tempesta, dove nascondersi e ritrovarsi .
E Papàpero crede fermamente al fatto che i bambini ci guardano, che ci prendono a medello, e allora ci prova ad essere un buon modello, di certo non vuole essere un supereroe... bè, diciamo almeno non un supereroe convenzionale, lui potrebbe essere... SuperPippo! Con il pigiamino a toppe e un lenzuolo come mantello, un supereroe imperfetto e raggiungibilissimo, essere perfetti e pedagogicamente impeccabili da queste parti non interessa, è un’ illusione, come un illusione è voler preservare a tutti i costi i bambini dalle frustrazioni . Papàpero mette in castigo, e la sua vena sadica a volte si esibisce in virtuosismi punizieschi . A volte è esigente, altre lascia correre, sa essere severo ma anche complice, a seconda delle situazioni. Sono le forme dell’amore.
Certo questa imperfezione genitoriale creerà ferite, blocchi, disturbi, psicosi (ussignur!!!) ma d’altro canto bisogna pur dar da lavorare a psicologi, psicoterapeuti, maestri Zen, sciamani...
Essere padre per Papàpero è immaginarsi in un futuro lontano, quando Bellacana e l’Oncopaperella saranno Mister Beautiful Dog e Miss Warrior Duck, ancora lì, presente, al loro fianco (se vorranno), Parados… siempre (come da scoutiana memoria), per non cadere nell’inganno della vecchiaia che passa il testimone ai giovani licenziado i vecchi dal ruolo di genitori.
E se la vita dovesse riservare a Papàpero altri destini … il papà ci sarà sempre lostesso perché, al di là della genetica, è il tempo speso, le parole dette, l’attenzione, i baci dati, le corse, l’amore sempre e comunque. È cosi che l’amore si imprime nei figli nel profondo, diventa la loro essenza, carne e sangue, sempre lì, dentro di loro. Un’eredità, il nostro testamento.

E il pensiero allora va a quei papà che sono andati via troppo presto, che non hanno avuto la possibilità di vederli crescere questi figli, di guardarli negli occhi mentre tagliano i traguardi della vita, che non posso più stingerli forte e annusarli. Che non possono più dire “Quella/o è mia figlia/o” e versare per loro lacrime di gioia.
Il pensiero va al loro immenso dolore.
Poi subito penso a chi il papà non ce l’ha più, chi l’ha perso troppo in fretta, in maniera improvvisa, chi dovrà fare i conti con quel buco nel cuore.
L’augurio è che un giorno,guardandosi allo specchio, possa riscoprire atteggiamenti, espressioni, modi di dire del suo papà, e che quel buco possa farsi meno profondo.
E sarà dovere e responsabilità di chi resta aiutare a fare rivivere l’invisibile.




Dedicato a te, che con la tua risata e le tue battute riempivi uno spazio vitale per un paese intero, a te, che stai consigliando il vin santo migliore a San Pietro mentre riempi le buste della spesa agli angeli.

sabato 14 gennaio 2017

la valigia sul lettooooooo...

Sono mesi che i papergenitori non si fanno sentire con un post.
Forse che le mirabolanti avventure della Papera e della sua pazza family siano finite?
Forse che forse la vena dell’oncoblogger si sia chiusa? (mmmh no no, questa vena avrà purtroppo, un broviac perenne)
niente di tutto questo, è solo che il Monte Canchero è stato temporaneamente scollinato, ci si fa qualche ospedalata ogni tanto, giusto per non perdere il vizio e mantenere vivo il ricordo) ma a nessun membro della famiglia passa per testa la pazza idea di fare qualche nuovo tour de onc, né tantomeno il giro di Radio(-logy). E così si cerca di non pensare a damocle e alla sua spada e si continua il viaggio tra dentini che cadono, capelli che sbiancano,bollette salate, traffico, salti mortali per far quadrare incaostri, ossia incastri caotici, che non appena si crede di avere organizzato tutto nei minimi dettagli saltano come pop corn padella e allora per far cerchiare il quadrato ti arrabatti imprecare in un gergo talmente villico e scurrile che lo devi fare con la LIS!
N iente di che eh, tutto follemente ordinario normale due genitori che continuano a chiamare il figlio maggiore Bellacana e la secondogenita Paperaccia. Tutto scorre e il tempo passa, le occhiaie aumentano i pantaloni dei pargoli, che prima dell’estate dovevi arrotolare in almeno cinque risvolti improvvisamente diventano modernissimi jeans stile DandyH2oincasa come piacciono ai gggggiovani d’oggi e a voglia di tirali verso la caviglia, che poi si scopre il sedere… insomma, non se ne esce, la moda di oggi e causata da genitori ditratti che dimenticano di rinnovare il guardaroba dei figli: o caviglie all’aria o sederi al vento!
Ma torniamo alla poesia delle stagioni che si rincorrono facendosi qualche sgambetto , della natura che si rinnova, dei filgi che si allungano e dei genitori che invec… va bè...
ma analizziamo Pierangelamente il mondo dentro a ogni papercomponente, all’apparenza in fondo non sembra andare malaccio. Partiamo proprio da lei: (da ora in avanti si prega di leggere con il ritmo e l’intonazione del buon Alberto-discendente della progenie Angela, o, per i più agées, alla maniera del compianto Claudio Capone) la Papera Guerriera si vanta con amichetti e parenti dei suoi amici dottori come se fosse il presidente degli dell’associazione Papermedici italiani e avesse un equipe medica personale (il che un po’ è quasi vero). Lei va per la sua strada a caccia di sapori, e mondi da scoprire, di esperienze da recuperare. La sua camera sembra una stazione, piena di valigie: la valigetta del dottore, quella del veterinario, quella del dentista, quella della parrucchiera, del giardiniere, della pet beauty fam, quella dell’armadio dei pupazzi... che lo spirito della primigenia valigia rossa dei ricoveri d’urgenza abbia infestato la sua scatola cranica? Mha, dove vuoi viaggiare Paperamatta, che il posto più lontano dove sei stata è Malga Riondera sui monti (bau bau) Lessini!!! Eppure forse ce l’ha ne sangue questa sentimento del viaggiare, dell’emigrare, la sua essenza dev’ essere quella della papera migratrice.
Papàpapero la guarda con occhi sognanti e vorrebbe perdersi in questi viaggi fantastici, voli pindarici dell’immaginazione, ma poi inchioda e si ritrova ancora lì, sono passati due anni e mezzo dall’ultimo ricovero e vorrebbe avere la forza, o forse il coraggio, di dire “Bè, intanto ce la siamo goduta” e invece no, rimane sempre invischiato nella rabbia, nella paura che tutto debba finire (o ricominciare… a seconda di come la si guardi) di nuovo. Papàpapero vorrebbe delle garanzie, ma l’inquietudine, anzi... l’inquackquatudine lo inchiodano lì, lui e la sua innata voglia di fare progetti e rincorrere sogni (da chi avrà mai preso la Papera Guerriera eh? Chissà?).
Bellacana invece vive con sana e tranquilla pazzia il suo quotidiano da seienne (NNNNNN), e apparentemente sembra rispondere a tutti i cliché del caso: un po’ di gelosia della sorellina, la canotta biancogrigiona (eh si, mammapapera non ha mai azzeccato uno stramaledettissimo candeggio!) che spunta fuori dai pantaloni, il gusto di sussurrare parole proibite come cacca, culo e poppe. Eppure, in maniera sottile, l’oncombra a volte avvolge anche lui. Le domande sul ritorno a casa quando la Papera ha qualche controllo, i ricordi legati alla malattia, la paura delle cose nuove, il perenne cercare rifugio in un mondo magico e fatato nel quale trasformarsi, mettere le ali e volare in alto per proteggere gli amici lottando contro i mostri.
Infine c’è Mammapapera, che vive intimamente le sue angosce, in modo quasi distaccato, incipriandole con un po’ di allegria e ironia, buttandosi a capofitto in strampalati progetti di restauro e in picaresche imprese teatrali nelle quali coinvolgere ignari discepoli ancora più squinternati di lei.
Ecco, niente di che, le solite pare da oncoveterani succubi di certe scaramanzie e sensibili all’ansia prerisonanza.
Due disturbati che, a questo punto, si augurano di annoiare periodicamente gli amici del blog con questi brodetti melensi e di trovarsi di tanto in tanto a rivangare un oncopassato che si spera diventi sempre più remoto.


...ma soprattuto sperano di poter presto raccontare di altre valigie, più grandi stavolta, e piene di adesivi di ogni parte del mondo, perché il futuro è una scoperta!