Ore
07.45 anti meridiane.
“Papàpapero…”
“Mmmmmh…”
“Ho l’ansia…”
“Mmmmmh?????”
“L’ansia!...ho
l’ansia!!!!”
“Mmmmmh…..per
cosa!?”
“….per
tutto!”
“…”
“Ma…dormi?”
“Mmmmmh…?”
“Io
ho l’ansia e tu dormi???????”
Papàpapero
si mette a sedere. Capisce benissimo che la sua vita dipende dal riuscire a
dimostrare che no, non stata assolutamente dormendo. E allora va bene. Parliamo
pure di ansie. Anche lui ne ha una. Un pensiero fisso, forse una sciocchezza. Ma
costante come la goccia cinese. Come il quadro storto, il rubinetto che perde.
La cosa
che lo tormenta ormai da un anno è una parola. Una parola stancamente frequente
nella vita della paperfamily, così pericolosamente riCorrente
che i riVOLT la propagano come una scossa elettrica a tutta la rete
amicale e famigliare.
La parola non è tumore, non è chemioterapia,
non è nemmeno un imprecazione. La parola è GUERRA.
Ci vorrebbe
un bravo italianista che potesse chiarificare
questo mistero etimologico. Caro Professore Don G, eri uno dei due
latinisti più famosi di Mutina, parlavi
il latino tanto fluentemente quanto Marcantonio, forse perché, nonostante le
esili fattezze , eri un higlander. Dammi un indizio. Dov’è successo che il
nesso si è rotto? Perché per i latini guerra è BELLUM? Forse perire in
combattimento è nobile e onorevole, ma cosa c’è di bello in tutto questo? Combattere,
lottare, ritrovarsi affannatati e stremati, afflitti nella polvere impastata
del sangue degli altri....
Personalmente
mi ritrovo più in linea con gli inglesi: WAR, cugina sonora di WHORE. La guerra,
la nostra guerra, è una gran baldracca, una zoccola baiadera che batte dove non
dovrebbe più battere, che non guarda in faccia chi ha davanti. Oltretutto
battere una che batte è una gran sfida!
Forse
la Paperfamily sbaglia qualcosa…forse dovrebbe sforzarsi di più, cercare di
trovare il bello in questo bellum. E invece no. Sono ancora qui a rimuginare e
a scriverne, e a parlare parlare parlare, perché per quanto lo si mastichi il
boccone continua ad andare di traverso. Un po’ invidiano chi riesce a viverla
diversamente. Luca Caprai, l’amministratore
delegato di Cruciani (quello dei
braccialettini di macramè) convive serenamente con la sua rara forma tumorale,
anzi, ha imparato a gestirla come parte della sua vita per non permettere alla
malattia di diventare IL MALE che manda in metastasi tutta la tua vita. E' come
negli affari, un 'attività da gestire, da pianificare, da relegare in uno spazio
ben definito in modo che non inquini tutto il resto.
Qualcuno
si sta chiedendo se i papergenitori conoscano il signor Caprai?... bè,
effettivamente… no! L’animo glamour/modaiolo della Paperfamily è pari a quello di un branco di Yak a
Portocervo ma…mai dire mai!
Di certo
Mammapaera e Papàpapero questo scarto non sono riusciti a farlo. Forse a causa
del loro animo “surrealartisticovisionario”, fatto sta che la guerra c'è. È presente, in corso, e non li ha edificati né li
edificherà. Anzi, ha una certa tendenza distruttrice e frantumatrice…
Certo,
la guerra in assoluto è quella della
Papera, in trincea c’è lei, è il suo organismo che regge il dolore, il fastidio, la cura, la noia è lei che sta facendo sempre più alla
grande il suo dovere di pennuta cazzuta (…e scodata) che si è fatta più operazioni
di Pitagora, Archimede e Talete messi insieme.
La
guerra dei papergenitori è contro i propri pensieri, che a volte hanno l'alito fetido
di Voldemort, gli occhi dell'Urlo di Munk e l'angoscia di una lucciola nel
bicchiere: funzionerà? E se non funziona? I medici hanno detto, ma …..nessuno è
infallibile, e la papera stupisce sempre tutti, sia nel bene che nel male
mannaggialei! ...Che conseguenze avrà a lungo andare? …Dovremmo fare più
naturopatia, omeopatia, musicoterapia… o semplicemente normaloterapia.
La
guerra sta nel non lasciarsi andare, anche se a volte ti viene da pensare che
ne avresti tutto il diritto: abbandonarsi sul divano ingollandosi di birra e
popcorn senza curarsi di nient’altro. A dire il vero questo succede eh. L’animo
nerd di Papàpaero e Mammapapera è tale che davanti al Trono di Spade potrebbero
sgranocchiare un intero campo di Mais.
La
guerra è nel quotidiano, la fatica che a volte paralizza, quel voltastomaco che
si insinua sottile quando l’ascensore supera il quinto piano, oppure lì, davanti
alla porta del reparto mentre aspetti che la honchess di turno venga ad accoglierti
e senti quel disgusto per questo pezzo di vita che si mangia tutto il resto. Un
senso di rigetto muto e fluttuante per i
parti consumati in piedi, come cavalli, velocemente. Per i lamenti e pianti legittimi, e incredibilmente rari che la notte
attraversano il buio del reparto e che però a volte non fanno scattare l'empatia ma i nervi, e dentro senti una voce che urla “BASTA BASTA BASTA!!!!!”
È una
guerra contro la pazzia, contro il lasciarsi andare alla deriva, contro l'invidia,
contro la maledizione del “ma stavolta non poteva capitare a qualcun altro?”
La
guerra insidiosa tra il com’è e il come poteva essere. Inutile, rabbiosa,
dolorosa.
La
guerra quotidiana per mantenere le staffe ben salde e rendersi conto che per un
asciugamano con dal candeggio sbagliato saresti in grado di mettere in
discussione matrimonio, patria podestà ed etnia di origine fino al giurassico
inferiore.
La
guerra è nel futuro di nuove malattie dovute alle terapie dei primi anni di
vita, la marcia bloccata sulla disabilità, il dolore di perderla e di impazzire.
Guerre
di cui abbiamo parlato e parleremo ancora, perchè sono il nostro quotidiano. Un
fardello che avremmo voluto buttarci alle spalle e che invece ci ritroviamo sul
groppone all’ennesima potenza.
Un De
Bellum Papero che speriamo sia almeno un po’ d’aiuto ad altri combattenti e di
cui vorremmo scrivere presto la parola fine. Nel migliore dei modi, col
sorriso. Per noi, e per tutti gli altri.
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