mercoledì 23 dicembre 2015

Ospedalando... double version

19 Dicembre, Teatro Dadà “Ospedalando la storia”:

Buio in sala.
 Voce fuoricampo.
Urlo.
Parole sussurrate.
Un vetro si infrange…
L’attrice in scena.
…E poi lui: il Proiettore!
Il videoproiettore, che per tutte le due ore di monologo si è acceso e spento in totale armonia, oserei dire in simbiosi, con l’attrice. Certo, a volte è stato inevitabile che la soverchiasse, con tutta la sua precisa, puntuale, perfetta magia.
Perché il videoproiettore era lui: Papàpapero!!!
Papàpapero, l’artista della videoproeizione. Il Michelangelo del tubo catodico  reggeva tutta la perfomance di Mammapapera.
Con quale “remidesca” delicatezza pigiava il pulsante dello standbye trasformando ogni immagine in oro!
Da sabato scorso il gregario da combattimento più anziano è diventato lo Yoko Ono di Duckcity e zone limitrofe. Ha  firmato diapositive vintage e teleobiettivi. La Canon (anzi, la BellaCanon) e la Nikon se lo contendono come testimonal.
Tutto il resto è silenzio. Lo spettacolo avrebbe potuto parlare anche delle ragadi delle lumache che con il videoproiettore di Papàpapero sarebbe comunque salito al livello di The tree of life.
Certo Mammapapera è stata bravina, anche abbastanza credibile. Vestita di nero poi sfinava anche tutte le plissettature da Chow Chow.  Ma ammettiamolo,  senza l’intervento di Papàpapero tutto sarebbe stato come una scenetta parrocchiale.
Eeeeeh va bè, la verità è stata leggermente falsata dalla fantasia psicotica del povero Papàpapero che si sentiva il Malaussen della serata. In scena, nascosto, recluso tra una quinta  e il  muro a schiacciare il pulsante di un telecomando che forse non serviva nemmeno ad accendere il  videoproiettore, forse era solo un placebo… in realtà ha solo aperto e chiuso dieci volte l’automobile della Psycopresentatrice!
Un modo veramente bieco per neutralizzare il canuto pennuto e la sua innaturale destrezza ad essere maldestromalsinistromalintuttiiversi!
Certo se in dotazione invece del telecomando gli avessero dato  popcorn e birra, l’anatide attempato avrebbe potuto, grattarsi la schiena con una delle corde appese, mangiarsi le unghiette dei piedi e  simulare ( ehm… ssssè, simulare eh)   bronze e puzzette facendo ricadere la colpa sull’unica artista in scena.
Forse è veramente invecchiato, e ad una certa età basta vedere la foto di un gattino su facebook per ritrovarsi a fare il mescolino. Insomma, questo vecchio gallinaccio  si è ritrovato in un vortice di emozioni, e l’occhio del ciclone era proprio lei,  Mammapapera. Tutto intorno una silenziosa  sintonia con una platea magica che si lasciava incantare dalle scene.
È stato strano, pur essendo ad un passo l’uno dall’altra, ciascuno aveva il proprio compito. Piccole, semplici azioni per raccontare una sfida più grande, rivivere e far vivere ancora le emozioni dell’ Oncosuite, la storia di Lady Nutria e Ser Fagiano che si ripete, sempre insieme, eternamente divisi, vicini. E la Paperaguerriera con il suo fedele gregario da combattimento Bellacana lì, in platea a ciucciarsi un lecca lecca e vivere da spettatori un’avventure della quale, in fondo in fondo, saranno sempre protagonosti.
Per un paio di mesi Papàpapero ha indossato la pappagorgia e il foulard in testa di Mamy  e per  Zignorina Baberella e Zignorino Canello ha guginato, , bulito, abbarecchiato , lavato, addorbendado, imbregato e sbuffato. Ma non ha mai mollato, e nel frattempo si è preso la soddisfazione (più e più…e più…. E più………e piùùùùùùùù volte) di cazziare quella pazza pazza Mammapapera rinfacciandole di aver preso tra le ali una sfida  così grande.
E come un cervello cibernetico la coppia di Paperi si è organizzata ognuno con il proprio talento, mettendoci del suo, spalleggiandosi e a volte pallegiandosi al suon di  MA Che due biiiiiiiippppONI!!!!!!!!!
E così, alla tenera età di 41 anni, Papàpapero si è ritrovato a fare il bagarino, il P.R. in giro per negozi ad appendere manifesti, il galoppino tra vari uffici per le autorizzazioni, si è ritrovato a ripescare le sue attitudini ossessivorganizzative da ex organizzatore di eventi tra i campi di A.C, scout, ed Eventi per aziende. Si è ritrovato, dopo 10 anni, a riprendere in mano la chitarra e a scrive una bozza musicale fatta con due note in croce, che poi,  buttata nel pozzo di San Patrick da Cavazzona, si è trasformata in una canzone (che poi ha pure dovuto cantare, anzi... quackquare!!!).
Ma sempre, ogni volta, è rimasto stupito dalla follia di Mammapapera che si eleva all’ennesima potenza quando si tratta di mettere in scena qualcosa (vogliamo chiamarlo talento????... mmmh… non so, chiamiamolo… follento). 
E così si è lasciato contagiare, e ha cominciato a divertirsi sul serio a creare la locandina della spettacolo, l’immagine di Papergritte, il giga acquario di palloncini (attingendo idee dalla  lunga gavetta tra le stanze di oncologia pediatrica).
E poi  si è liberato di una piccola fantasia: creare l’ONCOCROCE, la cui struttura  è fatta con i tappi di protezione degli aghi delle siringhe usate per la pulizia del broviac della Papera (e del Gufetto), su questa sono stati conficcati  aghi arroventati dalla fiamma di un accendino.
E l’oncocroce  è questo, una sfida! La malattia ti lancia milioni di sfide, continuamente, e ti porta inevitabilmente a rapportarti con il mistero della fede (Amen). C’è chi trova  conforto e vede nella croce la sofferenza dei  propri guerrieri e negli aghi  i chiodi di Cristo. Per altri  l’oncocroce è la rabbia, il dolore, l’inspiegabile, e allora  Dio diventa  il principale accusato, chie la trasforma in un woodoo, in una bestemmia, come bestemmia è un tumore in una bimba di pochi mesi! Per altri diventa un grido di ribellione nei confronto di una realtà che allontana dall’amore di Dio, da una dottrina distante anni luce dalla propria realtà.
L’oncocroce è quello che ognuno riesce a vedere.

E finalmente… domenica! Tutta la truppa riunita, stanca,  felice e con tanta voglia di straordinaria normalità.
Bè, il lunedì dopo c’è stato il prelievo  di controllo della papera per cui... ben tornata apnea ;)





Il teatro è una scatola magica.
A teatro può succedere di tutto, davvero. Possono accadere le cose più tremende, si possono commettere i delitti più efferati, vivere le passioni più brucianti, scatenare i drammi più feroci e sempre, alla fine, tutti ne usciranno pacificati, arricchiti, per dirla come un manuale di storia dello spettacolo “purificati dalla catarsi”.
A teatro puoi essere chi vuoi. Puoi trasformarti. Basta crederci, ma crederci davvero.
Non è fantastico? Non ti serve niente. Solo il tuo corpo, la tua voce e… BUM! Magia!!!
Le assi di legno consumate del palcoscenico, i pesanti tendaggi neri delle quinte, tutto è essenziale, minimale, corde, fari… e quell’odore… quella sensazione di stupore e meraviglia che scende dalla gola al cuore quando il tuo sguardo, da lì, attraversa la platea buia e vuota.
Poi pian piano le poltroncine si riempiono, i riflettori si accendono… e la scena si anima.
È come un sogno.
Un’idea folle nata per caso, come un sasso nello stagno. Proviamo.
E il sasso colpisce, i cerchi si allargano e il sogno prende forma.
Prima quelle teste matte di Aseop che accettano la sfida.
Poi il testo che pian piano passa dalla forma scritta a quella orale.
Le scenografie surreali e oniriche di Papàpapero, la locandina, musiche e canzoni originali… e tutta una banda di amici uno più matto dell’altro disposti ad aiutare, , arrangiare, gonfiare centinaia di palloncini, trattenere istinti omicidi (ma solo per la buona causa).
E poi tutti. Tutti quelli che sabato 19 Dicembre sono usciti di casa per venire lì, in quel luogo magico, ad assistere ad un sogno che diventava reale.
Sotto gli occhi di poco meno di trecento persone la magia del teatro ha trasformato la storia di una piccola Papera Guerriera e della sua strampalata Paperfamily, in un racconto armonico e dissonante, fluido ma frammentato, vero e surreale… proprio come l’esperienza che narrava.
Sul palco e dietro le quinte gli elementi cari alla Paperfamily: ironia, leggerezza, follia, incoscienza e un po’ di coraggio. E poi… piume. Piume piume piume e ancora piume… dappertutto, ovunque, anche dopo, a distanza di giorni. Come il riverbero che hanno certe avventure, che sembra che non ci pensi più, invece poi... torna fuori una piuma e…

Tra le frasi ricorrenti, non solo di questi giorni, ma di questi ultimi due anni c’è sicuramente “Non so dove siate riusciti a trovare la forza, io non ce l’avrei mai fatta!”  Bè, non è una questione di forza, né tantomeno di essere più capaci o migliori di altri.
È solo che questo amiamo e sappiamo fare.
 A modo nostro, che è sicuramente singolare, la costruzione e la messa in scena di Ospedalando –La storia-  è il tentativo di dare un senso a tutta la sofferenza che altrimenti sarebbe stata vissuta, sì,  attraversata, ma sarebbe rimasta un fatto solo nostro, e di monadi di dolore è pieno il mare. A noi piace navigare guardandoci attorno, vedere che non siamo soli, e  se possiamo accendere una piccola luce per dire anche ad altri che non si è soli, bè, perché non farlo!?
Così è nata una serata magica, piena di emozioni che salivano e scendevano dal palco alla platea e viceversa. Una magia cominciata con l’incanto frusciante di trecento sacchetti di carta che si aprivano e finita starnazzando in una nuvola di piume leggere.
Grazie. Ancora grazie a tutti quelli che ci hanno accompagnato nel racconto e hanno reso speciale e importante una storia tra tante.
Grazie a tutte quelli che fin dall’inizio ci hanno creduto e a quelli più scettici che si sono ricreduti per strada (ehm… Papàpaaaaapeeeero!!!).
Grazie a chi ha sostenuto e appoggiato il progetto, agli amici stakanovisti e festaioli che ci hanno aiutato colorando il lavoro con allegria.
Grazie a chi si sta impegnando perché questa storia possa essere raccontata ancora.
Grazie a questa matta Paperfamily che ha retto anche questo tour de force.
… e grazie a Papàpapero che, nonostante sia convinto che tutto lo spettacolo si sia retto sulle sue proiezioni, dopo tanti anni sa ancora rendere possibile l’impossibile!

Dimenticavo, visto che ormai manca poco…

Buon Inizio (speriamo!)





venerdì 18 settembre 2015

Broken

Ci sono baci che hanno un sapore di eterno. 
Ci sono abbracci che si cristallizzano e si aggrappano alla memoria diventando indelebili.
Ci sono immagini che danzano nella mente e sono la moviola della nostra vita,  ci  danno   la certezza che quello che abbiamo vissuto ci ha reso vivi.
Ci sono persone e amici che sono boomerang spirituali,  che tornano sempre da te e non capisci (ma li ringrazi di cuore, ogni giorno) per quali arcani segreti  ti hanno scelto compagno di strada e di vita.
Tutti  questi batuffoli emozionali, si adagiano sul tuo animo ancora ammaccato e diventano  materia prima per sogni curativi. E lentamente lo  spirito li  intreccia  e li trasforma in una trapunta sotto cui nascondersi e sopravvivere nei periodi in cui la vita azzanna.
Ma se questi  ricordi, emozioni, illusioni, desideri, sogni si affastellano a caso  e si intrecciano con timori, ansie, noie, paranoie  la coperta inizia a svolazzare,  a rigirarsi impetuosa in un valzer di tenebra. Si lacera, si sfilaccia in un diluvio emotivo, e la  tempesta inizia a scheggiare i vetri della realtà che ci si sta pian piano ricostruendo.
 Papàpapero si trova dentro a questo vortice ora, dopo un anno di incredibile normalità.  
In questi mesi   ha provato a voltare pagina, a concludere le  mirabolanti avventure della Papera Guerriera con “e vissero felici e contenti”.  E così  per mesi ha appeso la creatività al chiodo, non ha scritto post e si è  concentrato sul presente.
Basta passato! Basta harakiri sull’oncoesperienza, basta sensi di colpa verso amici fantasma,  verso  sogni di gloria che non si realizzeranno, basta aspettative oniriche , basta desideri a lungo raggio. E’ ora di pulizia esistenziale perché  la vita insegna che  è un osso duro, che è come dice Psicoeni: un tiro al piccione. E allora è ora di crescere, di fare percorrere altri step e imparare a concentrarsi su quello che si è e si possiede ora!
Papàpapaero avrebbe voluto imparare a ragliare come un somaro filosofico:  “Hiiic et nuunc… hiiic et nuunc…” e dimenticare il raglio egocentrico: “IiiiiiiOhhh iiiioooh”.  Pertanto ha tentato di fare una sorta di paperpieno esistenziale  cercando di far filare il presente nel migliore dei modi. Ha fatto di tutto per  imporsi  di  godersi la famiglia e fare pulizia attorno a sé.
Voleva rattoppare la sua coperta emotiva, inspessirla con un idilliaco fantapresente.
Idealmente avrebbe voluto raccogliere il giarone della routine  e farne le fondamenta  zen della sua esistenza di oncoanatide, avrebbe voluto inspirare  il mondo attorno come un mantice e soffiare il presente ancora più forte.
Ma nulla di tutto questo è accaduto.
La routine, i piccoli imprevisti, questo correre forsennato dove non hai  tempo di dire che non hai tempo, questo desiderio di far filare la vita della propria famiglia senza più imprevisti, questo cercare di dedicarsi appieno alla casa, ai figli, al tuttuebellotuttoèbene l’hanno fatto precipitare in un anomalo burnout che ha  paralizzato il vetusto veterano. 
E così ha iniziato a sentire nel proprio stomaco una  ribollita di angoscia arcana che demoliva tutto, ha iniziato a fare i conti una rabbia aggressiva, critica nei confronti di sé e della vita: che senso ha vivere, amare, soffrire, spendere tutti i tuoi giorni passati se così presto hai dovuto partire, se presto hai dovuto partire… E Canzone per un’amica diventava una colonna sonora a cui appendere foto e ricordi di giovani guerrieri che non ce l’hanno fatta, di amici cari così tanto delicati per l’esistenza da rinunciarvi,  di sconosciuti immolati sull’altare della cronaca nera.
E  pian piano tutto ha ricominciato a sbriciolarsi. E le   quattro mura domestiche cominciano a farti sentire in gabbia, ed esplode libera la paura, l’ansia che   si trasforma in rabbia deformante. Così la propria compagna  di vita diventa una ladra di tempo, l’allontani e pretendi che ti fermi che si prenda cura di te e ti protegga da te stesso. L’OncoPaperaGuerriera e il suo amato Comandante hanno i contorni sfocati  e si mescolano agli impegni, all’imperativo del figlio perfetto Mulinobiancostyle, ma tu non hai vicino la Gallina Rosita, ma solo un pollo di gomma chiamato Cuordileone, e i tuoi Biscottoni… bè, quelli sono frantumati da un bel po’!
E gli imprevisti, il contatto con gli altri, sgarbi insignificanti, leggerezze irrisorie  si infradiciano, si appesantiscono, diventano ostacoli insormontabili. E Papàpapero impugna di nuovo il Kalashnikov delle oncocampagne e si mette alla ricerca di  un nemico, come un moderno Rambo 2.0, con meno muscoli e più psicolpatologie, continua la ricerca del nemico.  Una ricerca forsennata contro l’ignoto, per trovare un nemico, fosse anche un fantasma, contro il quale svuotare il caricatore di questa rabbia incontenibile. Per lenire la sua sete di rivolta per non poter avere l’inderogabile diritto di possedere e decidere autonomamente il proprio futuro. Sente l’animo urlare “Io voglio essere il Dio della mia vita! Decidere il mio destino!!!”.
Questa tempesta imbrutisce, logora, mette a dura prova tutto e tutti. E ogni giorno diventa una corsa dove gli ostacoli ti sfrecciano incontro senza soluzione di continuità, in cui  non fai altro che  cercare di rialzarti, accettare l’imponderabile e stare in equilibrio. 
E dopo la tempesta assale il canuto Papàpapero la vergogna  per non essere capace di fare come  la Papera, che vive intensamente ogni attimo, ma invece di riappropriarsi del  dono di scoreggiare sopra al futuro  sente solo una profonda angoscia balenargli al cuore. Eppure lo sa che la papera ha il diritto di ridere fino a 100 anni, che la tempesta di piombini l’ha già passata tutta, è ora che viva … e basta!
È inutile, non si riesce proprio a sentirsi al sicuro.

Papàpapero dovrebbe cambiare il suo bloggeravatar in Dupallepapàpapero, o  forse dovrebbe iniziare a scrivere dei DisArmony (versione Armony della famiglia Adams), o semplicemente ingollare un paio di bocce  di Xanax a colazione.
Forse non dovrebbe nemmeno azzardarsi a pubblicare questo post, perché irrispettoso di quegli    oncogenitori che stanno vivendo la loro guerra in trincea, o di quelli che  hanno vissuto e trovato risposte e reazioni a prove anche più grandi .
Poi però… fanpero!
Fanpapero!...
 Fanpapàpapero!!!   
Che ognuno ha la propria storia, le proprie strategie,  il proprio modo di galleggiare, e non è giusto nascondere, tralasciare, o dimenticare questo pezzetto della OncoPaperfamily.
La coperta emozionale ha bisogno di tessere anche questo punto.

E ora si riparte!

domenica 23 agosto 2015

Frittura di Calamari


Occhio malocchio prezzemolo e finocchio!!!! Così recitava il famosissimo scongiuro di uno di quei b-movie tutti italiani con Lino Banfi e tutta la combriccola dei primissimi anni ’80. E così, scaramanticamente, la Paperfamily quest’ anno non ha voluto pronunciare la parola “vacanza”, per comunicare con amici è parenti si e dovuti ricorrere ad un complicatissimo linguaggio in codice, talmente cifrato che neanche le spie della seconda guerra mondiale sarebbero riusciti a capirci qualcosa. Radio Londra al confronto pareva il diario di Tonio Cartonio!!! Ed eccoci a parlare di FRITTURA DI CALAMARI!!!!
“allora, dove andate Paperfamily in…
“Frittura di calamari?
“Ehm… s-sììììììì frittura di calamari…” per fortuna amici e parenti ( più gli amici però) della Paperfamily sono abbastanza sbroccati (se non non sarebbero Paperfriends ovvio) da non far caso a certe stranezze, anzi, vi ci si adattano alla grande in un tempo inferiorissimo al nanosecondo!)
Comunque, per quanto folle sia, ha funzionato. Quest’anno la Paperfamily è finalmente riuscita a partire (e anche a tornare eh, lo so che parlando di loro bisogna specificare, che non si sa mai!) per le tanto agognate, sospirate, desiderate vacanze!
Non andremo con ordine né tantomeno per filo e per segno perché questo è solo un blog e non un’opera epica in tre o quatto volume, niente Papereide, Papeodissea nè Divina Paperedia, ma partiamo comunque dall’inizio. Teatro dell’avventura è la suggestiva Malga Riondera, semplice e rustica struttura settecentesca nell’altipiano dei monti Lessini, Trentino. Attori dell’avventura: Papera Guerriera, Bellacana (sotto mentite spoglie di sirenetta, sua ultima passione), Mamma&Papapàpapero, comprimari Lulù, Max, Piggy, Yoska,Orso (tutti cani), Anastasia e Squaterna (asine), un gatto rosso senza nome, svariate galline e cinque pecore. Prendete tutte queste cose e shekeratele per bene aggiungendo un pizzico di scienza e una quantità non meglio precisata di castelli… e il gioco è fatto. Avrete così un Bellacanagiovanemarmotta che cammina infaticabile su per i greppi continuando a parlare ininterrottamente di sirenette che diventano schiuma, vipere cespuglio verde, e more rosse acerbe e nere mature. Che tra torrioni e camminamenti di ronda trova un masso sporgente sul quale appollaiarsi per farsi fotografare nella stessa posa di Ariel (la sirenetta). Che tra i mille animali in mostra al museo della scienza ne indica uno con dito sicuro e sentenzia “L’ornitorinco!!!” lasciando allibiti Mammapapera, Papàpapero (che non hanno la più pallida idea di come Bellacana possa sapere com’è fatto un ornitorinco) e una quindicina di visitatori che si chiedono chi sia quel nanerottolo a righe che invece di correre dal leone va in brodo di giuggiole per l’ornitorinco!


Parliamo pure anche di Mammapapera, lusingata dal fatto che finalmente qualcuno abbia onorato la sua cucina, va bè, trattasi di un modesto gregge di pecore fameliche, ma fattostà che  la sua pasta col tonno (tipico piatto trentino) non aveva mai avuto così tanto successo!
E di Papàpapero che finalmente sotto il mutevole cielo trentino ha potuto dimostrare al mondo come la verità assoluta, non chè il segreto della felicità risieda nella massima di Baden Powel che lui ha tatuata a fuoco nel cervello “Non esiste buono o cattivo tempo, ma buono o cattivo equipaggiamento!” (E vorrei anche vedere, per star via una settimana è si è preparato andando da Decathlon tre volte!!!)
E poi questi poveri papergenitori hanno finalmete ronfato della grossa, e letto! Letto un sacco, anche al pomeriggio, seduti sotto gli alberi, anche se attraversati dalle pecore brucanti e sleccazzati dalle asine olezzanti. Aaaahhhh, che bbbbelllo!!!!!
E poi lei, la fulgidissima Papera Guerriera! Per lei la giornata cominciava al grido di “Colasiooooneeee!” e proseguiva spalmando fette, mani, faccia, esseri animati e inanimati di marmellata di ribes, ingollando quantità di speck che neanche un boscaiolo sudtirolese, correndo come una pallamatta su e giù per le colline inseguendo cani, gatti, galline, pecore, asini chiamandoli con la sua vocetta starnazzante e ridolina per farli bere dai suoi pentolini colorati o per offrire loro grissini e insalata,salvo poi farsi prendere in braccio ( o in cavallopapà )durante le camminate su per i greppi, mannaggiallei! Le bastava sentire due note di organetto per cominciare a ballare una duckdance tutta particolare e capriolata, questo in ogni dove, sia che fosse l’organetto della malga sia la musica medievale del castello che quella tunzettara del bar. E poi piedini in ammollo nel lago, salsicciafunghieformaggio, ditini nel vino e nel nasino.
Insomma, tanta tanta roba, che riassumerò in un solo, unico, significativo aneddoto (accaduto l’ultimo giorno) che ben racchiude lo spirito di tutta questa prima, importante, bellissima, vacanza:
“Mammmaaaaaaa!!!! Mi tono poccata…”
“Fammi vedere Paperaccia Luridona!”
“Chi bedi, è pango?”
“eh, vedo vedo… Sembrerebbe fango… peta” mammapapera si avvicina alla zampotta ben pasciuta tutta strisciata di marrore e annusa…
“E’ caaaaaaccaaaaaaa!!!!!!”
“Cacca???” e giù a ridere coma una pazza “Papà!!! Calinno!!!! È cacca!!! Tono pocca di cacca!!!” e riiiide che se la ride che di più non si può. Tutto ciò mentre Mammapaera tenta di pulirla alla fontanella e contemporaneamente di individuare, senza successo, su quale enorme boazza sia stramazzata la Papera.
“Ok, stai attenta adesso, non sporcarti più che le valige sono già in macchina e tra poco si parte!”
“Tì mammina”, e torna a giocare. 
Dopo un po’…  Mammapapera la vede, l’enorme boazza (di cane? Asino? Vai a sapere…) e vede anche la Papera… un bracciotto tuuuuuutto striato di marron, e la maglietta, bianca, a righe di cacca!!!!! E lei felice che gioca e se la ride.
E va bè, che vuoi fare, ridiamoci su tutti e quattro insieme!
Larga la boazza,
stretta la via,
la vacanza è finita
…ma non l’allegria!

(E se porta bene quella di cane…figurati quella somaro!!!!)




giovedì 18 giugno 2015

Itaca

C’è questa usanza in Giappone, quando si rompe un oggetto al quale si tiene non lo si butta, ma lo si aggiusta valorizzando la crepa riempiendo la spaccatura con dell’oro. I giapponesi credono che quando qualcosa ha subito una ferita, o ha una storia, diventa più bello.
Forse non è immediato, ma questa storia fa pensare agli oncogenitori. Precisamente ad una cosa che di tanto in tanto accade, non spesso in verità, ma che quando capita scuote quella crepa nel profondo. È  successo a Mammapapera, molti mesi dopo anche a Papàpapero, sarà capitato a molti, moltissimi altri… così, per caso. Sei a una fiera in giro per bancarelle, o al lavoro, incontri qualcuno che non vedevi da vent’anni, o semplicemente ti fermi a scambiare due chiacchiere con quell’impiegato che incontri di sfuggita tutti i giorni alla macchinetta del caffè, o al bar, in piscina, al parco, una mamma a scuola… e per caso ti trovi a parlare di te, così en passant “e poi mia figlia ha avuto un problema oncologico…” e a quel punto lo vedi, lo senti, lo percepisci con tutti i tuoi sensi. L’aria si elettrizza, come quando ci si toglie la maglia di lana e i capelli svolazzano sfrigolando… “anche mio figlio.. mia figlia…”
E allora è un riconoscersi, prima ancora che le sinapsi del cervello si attivino ecco che dal cuore parte un’eruzione verso la bocca dello stomaco che porta su un’onda anomala di parole ed emozioni che vorrebbe esplodere ma inciampa, incespica, balbetta e si ferma incerta sulla punta della lingua. Ed è tutto un tuffarsi occhi negli occhi alla ricerca di tutto quello che non si riesce a dire. Occhi che pian piano si annegano di lacrime che mischiano tutto il dolore passato alla gioia di un ritorno a casa, tra le braccia di chi ci ama, di chi, finalmente, può capire davvero, pienamente, completamente tutti quei non detti, quel non rispondere a domande  come “ ma adesso sta bene? È guarita?! (che non sono poi mai del tutto domande, ma tendono spesso all’affermazione), come quando Ulisse e Argo si guardano negli occhi dopo tutti quegli anni.
Quelle lacrime, in bilico sul filo sottile delle ciglia, si reggono in precario equilibrio per non precipitare su labbra dischiuse in sorrisi altrettanto vibranti. È un vento, un mulinello di foglie, la colomba che arriva col ramoscello d’ulivo dopo mesi e mesi di mare aperto, è precipitare nel vuoto per poi essere trattenuti e rimbalzati dall’elastico, è la mano che ti risolleva dopo che sei caduto.
E alla fine, da quelle bocche tremanti e incredule, escono brevi riassunti a due voci con parole ripetute e condivise “ settimo piano, protocollo, chemio, operazione, sterile uno due x…”. Razionalmente ti senti in un film di Woody Allen, emotivamente sei come in quel vecchio cartone degli anni’80, Galaxy Express… dove c’era questa viaggiatrice cosmica vestita come una zarina in fuga che viveva su questo treno interplanetario e ogni migliaia di anni incontrava qualche altro viaggiatore come lei.
È un’emozione fortissima. Non ti aspetti mai, mai e poi mai di incontrare per puro caso qualcuno che ha vissuto la tua stessa storia, che porta le tue stesse cicatrici. Non pensi mai che magari quel qualcuno si nasconde tra i compagni di scuola della classe del ‘96, o dietro una scrivania tre porte più là.  E poi accade. Semplicemente. E la vedi, la crepa d’oro. La vedi nell’altro che sta di fronte  a te. E sai che è il tuo specchio. Che anche tu hai quella crepa d’oro. Vorresti infilarci il dito, percorrela tutta, tracciarne il percorso in tutte le sue ruvide diramazione. Ma per pudore non lo fai. Stenti a farlo con la tua cicatrice.
I grumi, le scheggiature, le ruvidezze… sono intime e personali. Diverse da un individuo all’altro. Allora ti trattieni. Ti limiti a guardare, a sorridere tirando su col naso, con gli occhi che brillano di lacrime funambole. Mentre il cuore pompa e salta e corre corre corre corre sempre più forte, indiavolato come la locomotiva della canzone. A volte poi ci si scioglie in un abbraccio, a volte non serve, o non viene. E  si rimane lì, a scrutarsi ancora un po’, come per memorizzare quell' attimo, quel viso vagamente conosciuto che ora diventa famigliare, fraterno.

Poi però non si può rimanere ad Itaca per sempre. Bisogna risalire ognuno sul suo treno interplanetario e ripartire. Ci si saluta, e l’aria è ancora densa di quel tutto. Di condivisione, di alleanza, di legame segreto di sangue che non servirà mai più rivendicare, perché c’è, è rimane lì, eternamente scolpito in quella crepa d’oro.

lunedì 11 maggio 2015

My Brother!

Non so se sia stata la magia Enchantinx di Bloom,  Harry Potter  che mi ha messo nel titti un goccio della pozione Svecchiaeinvecchia, o semplicemente la follia di un papergenitore solito a viaggi surreali, ma  mi ritrovo già grande a ripensare al passato.  Mi ritrovo ad avere una storia, dei ricordi, mi ritrovo ad aver vissuto, ad essere cresciuta. Mi ritrovo ad avere un bagaglio di vita che non so se mai mi spetterà realmente.
Se penso ai presupposti con cui sono atterrata su questo pianeta… direi che sia legittimo stupirsi ritrovandosi papera adulta, le ali da caneton  le ho usate per avanzare nel mondo e ricacciare dentro quelle che (forse) avrebbero voluto spuntarmi sulla schiena per riprendere un volo verso l’infinito.
… Esagero? Non so, questa è la mia vita e ora come non mai posso urlare al vento che bisogna vivere, vivere a più non posso il proprio ora, il proprio adesso, e che non bisogna rimandare o rimandarsi perché la vita è bizzarra e se non la catturi subito fugge tra le maglie del retino del passato, e si dissolve in un rimpianto.
E il mio primo pensiero come Papera adulta va a te, mio piccolo e grande fratello.    Lo faccio ora, approfittando di questa improvvisa adultità, perché se mai diventeremo entrambi grandi so per certo che  queste esperienze di duenne e cinquenne, pur appartenendoci intrinsecamente… e tutte quelle pippette della cumpa Sigmund/KarlGustav/Melanie, a livello razionale finiranno in una scatola di buffe foto di due fratellini (una pelatona e un capellone), e certe cose, forse, non verranno mai dette...
Non so come saremo, dove saremo,  chissà! Probabilmente tu sarai diventato la regina delle drag queen, forse progetterai  nuovi castelli per le principesse della Disney, o sarai il collaudatore delle magie Winx in fase di sperimentazione...non lo so, e in realtà non importa, perché comunque vada tu per me sei stato, sei e sarai  il fratello migliorissimo di tutto il mondo!
  Credo che non sia stato semplice  per te avere un’oncosorella che ti ha trascinato da un giorno all’altro  nel tritassassi di una realtà che è una bestemmia di Dio.   Mammapapera e Papàpapero ci hanno provato continuamente a  scoreggiare sopra alla realtà, a  ridere ridere ridere ancora (ora la guerra paura non fa…’nsomma...) eppure, malgrado questi goffi tentativi,  hai respirato l’odore salmastro di lacrime silenziose, hai imparato parole che i tuoi nonni hanno imparato a 70 anni (broviac, germinoma,catetere ) hai imparato troppo presto che gli orchi, le streghe e gli Sporcelli non sono così spaventosi rispetto a certi mostri  della vita.  Mi dispiace, mi sento stupidamente in colpa per tutta questa complicatissima avventura. A mia discolpa posso dire che non l’ho scelta, e  vorrei avere la capacità di cancellare  questo dolore, ma sei tu l’amico delle fate, e l’unico potere che ho io è quello di avere te come fratellone!
Tu ci sei sempre stato! Mi hai fatta sentire importante perché ero la tua sorellina. Mi hai difeso allontanando bambini incuriositi dal luccichio della boccia da biliardo piantata tra le mie spallucce, mi hai insegnato il galateo del marmocchio, mi hai fatto capire che l’acqua si può spruzzare con delle pistole di gomma, invece che con dei siringoni usati, mi hai immerso in un mondo fantastico di giochi appassionanti. Sei stato il mio Virigilio, colui che mi ha sorretto e aspettato nei momenti oncoinfernali. Ti ricordi alla partenza di ogni oncobattaglia come piangevo gridando il tuo nome Calinno, Calinno  strillavo tra i singhiozzi mentre Mammapapera mi sistemava sulla Papermobile… ma poi il tuo nome diventava la una meta verso la quale tendere di nuovo, la mia destinazione, la mia CASA!
E altrochè suini inglesi o sottomessi orsi sovietici, era guardare e  riguardare ancora ancora e ancora i tuoi video che mi faceva sorridere nonostante la chemionausea! Tu eri la promessa, lo prova del fatto che il mondo di Bimbimastrolindo in cui ho abitato per tanto tempo era solo uno dei tanti possibili. Mi hai aspettata paziente durante la convalescenza preferendo giocare in casa con me quando avresti potuto andare al parco con i tuoi amichetti. Mi hai insegnato a disubbidire, a ballare (a fare l’inconfondibile mossa di Tatacisia!),  a cantare a squarciagola la canzone di Frozen!  Tu Mi ha insegnato a fare le pernacchie (no, quello  è stato papà), a fare le puzzette e dare la colpa alla mamma( ehm… no,  anche quello è stato papà). Con le tue corse per il gusto di correre e i tuoi mattissimi giochi di ruolo (ti ricordi quando uscivi di casa con una maglietta di Papàpapero legata intorno alla testa e facevi cappuccetto rosso in giro per Duckcity?) hai dato un senso all’oncoritmo, e sei stato una batteria autoricaricante per Mammapapera e Papàpapero.
Forse non te ne sei accorto, ma in questi due anni e mezzo sei stato la loro ancora di salvezza, con la tua sfrenata fantasia li hai tenuti ancorati al mondo reale reclamando a suon di risate il tuo spazio di figlio! Senza Bellacana probabilmente non ci sarebbe stato nemmeno Ospedalando. Adesso però non montarti la testa eh! …anche perchè è già  bella grossa così!!!

….e ora bia bia Callinno, Calinno bello  che tu hai solo cinque anni nuovi nuovi e io duemmezzoeunpo’, corriamo, nascondiamoci con le manine sugli occhi e spernacchiamo in faccia al mondo cinico e baro, ma anche a Mammapapera e Papàpapero, e a Tataelena, e a tutta la banda dei Paperamici, e all’Oncostaff, ai Papersostenitori vicini e lontani. Spaperiamo felici dietro a cocche spaventate stando attenti a non cadere nei fossi, e dondoliamo forte forte sull’altalena, più in alto, in altissimo, così…fin sulle nuvole cantando insieme… “Aaaaaaaaaadiiiiiiii aaaaaaadiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii… ti soiiiiiiiidono i moooooooontiiiiiii…….” 





venerdì 1 maggio 2015

Chariots of fire

Mammapapera apre gli occhi, ed è quel giorno. La temuta risonanza di primavera è arrivata!
Nella sua testa, del tutto inconsapevolmente e senza nessuna apparente logica ragione, partono le prime note... (Paaaaam...Paaaaaaaaaaam...)quelle più pesanti, quelle che sembrano il rimbombo di un'eco.... è un tema musicale famoso... ma dall'incipit ancora non lo riconosce bene. Del resto ha appena aperto gli occhi.... segue meccanicamente la melodia e si alza, prepara tutto, sveglia la Papera... e va.
(Paaaaam...Paaaaaaaaaaam....)
E lungo la strada pensa e pensa... che andrà bene, che la Papera è in forma, oddio...ha una tosse... una tossona da cagnaccio furioso... che Seabbaianonmorde è stata chiara "Con questa tòsssse, non ssso! Decciderà l'anessstessisssta!"
E poi, con la Papera, non si può mai dire!!!
(Paaaaam...Paaaaaaaaaaam...)
Arriva a oncopaperologia e subito incontra Fozzymuppet, con la sua immancabilmente rassicurante camicia a quadri da boscaiolo del Wisconsin, che la fa sorridere dicendo che la compagna gli ha comprato una camicia a pallini!
"A pallini! Bianca a pallini blu!! Non la metterò mai!!!"
(.Paaaaam...Paaaaaaaaaaam...)
Poi ecco la dottoressa Orlandoinnamorato, sorridente e gentile. Visita la Papera... e si fa meno sorridente.
(Paaaaam...Paaaaaaaaaaam....)
Scambia un'occhiata con Fozzymuppet... poi abbozza. La risonanza si fa! Nonostante la tosse da Cujo ci proviamo.
E via che si parte con la preparazione: Cloralio!
(Papapapapapapapam...Papapapapapapapam..)
Discesa in barella nel sottosuolo risuonante!
(Papapapapapapapam...Papapapapapapapam..)
Addormentamento della Papera!
(Papapapapapapapam...Papapapapapapapam..)
Spostamento della pennuta dalla barella alla macchina risuonatrice!
(Papapapapapapapam...Papapapapapapapam..)
...Risveglio della Papera!!!!
Pa pa pa paaaaaaaaaaaaam Pa pa pa paaaaaaaaaam (eh lo so, questa è un'altra colonna sonora... ma qui  nella mente di Mammapapera sì è proprio sentita la puntina graffiare il vinile e cambiare bruscamente musica!)
No ma... adesso si riaddormente eh... fa sempre così... la conosciamo ormai...
dai su Paperotta... chiudi gli occhietti...
"No!"
daaaaaaaiiiii... va tutto beneeee... c'è Mammapapera...
"NO! Bojo mangiare!!! Faaaaameeeee!!!"
Eh, povera Paperaccia, come darle torto. E' digiuna dalla sera prima.
"Cod'è chello?... e chello?"
Ok, la Paperaccia malefica è sveglia come un grillotalpa! Si guarda intorno curiosa come una scimmia indicando tutti gli ammennicoli del sotterraneo chiedendo "Cod'è? Cond'è?? Cod'è???"  vuole mangiare vuole Peppa e vuole Papà! E così Orlandoinnamorato chiama Papàpapero. Il genitore, tutto orgoglioso di esser stato convocato espressamente dalla sua pargoletta, fa il suo ingesso nella stanza risuonante, tronfio come Duffy Duck (sempre di paperi si parla quaaaaa), solleva la sua paperonzolona convinto che con lui si addormenterà in un battibaleno...
(Papapapapapapapam...Papapapapapapapam..)
Niente!
Segue un lungo gioco di rimpapera Papàpapero/Mammapapera Papàpapero/Mammapapera Papàpapero/Mammapapera ...
(Papapapapapapapam...Papapapapapapapam..)
Ad un certo punto Mammapera comincia a rispondere male a tutti. Questa risonanza s'ha da fare!!! Troppa attesa l'ha preceduta e troppe speranze sono riposte nel suo  esito per poter anche solo pensare di doverla rinviare! Già, perchè in tutto ciò la Paperonza continua a tossire come una ciminiera (?).
Finchè, dopo aver tentato l'arma di un supplemento di anestetico (Non troppo, vista la precaria condizione di salute!) persino Orlamdoinnamorato prova a ninnarla per farla addormentare!
(Papapapapapapapam...Papapapapapapapam..)
Niente!!!!!
Sono passate più di due ore da quando la Paperfamily è scesa là sotto, ormai la selva oscura del sommo poeta al confronto sembra Dineyland!
Spazientita ed esasperata Mammapapera strappa la pargolona dalle braccia paterne, la guarda negli occhi (dal canto suo la scodata non si regge in piedi, la testa ciondoloni e gli occhietti a fessura, ma non molla di passo!) e butta nel cesso decenni di pedagogia e psicologia infantile "Senti Papera, adesso io ti metto giù e tu dormi. Perchè io sono la mamma, e come ti ho fatto ti disfo!"
L'appoggia... e lei dorme!
(Papapapapaaaaaaa papa papa Papapapapaaaaa pa pa... papapapapaaaaaaaaaaa...... svolta cruciale nella colonna sonora mentale di Mammapapera. Il tono si alza e le note si aprono in un più ampio respiro).
Tralasciamo la descrizione della manovra di spostamento della Scodata dalla barella alla macchina risuonatrice. Diciamo solo che il Mago Copperfield sarebbe impallidito!
Comunque non si sveglia. Si può cominciare. Mammapapera infila i tappi per le orecchie e si accomoda sulla sediadellarisonanza: schiena dritta, punta di piedi e papero stritolato tra le mani a fare da antistress.
E la macchina risuonatrice comincia a parlare la sua strana lingua....
Papapapapapapapam...Papapapapapapapam..
Papapapapaaaaaaa papa papa Papapapapaaaaa pa pa... papapapapaaaaaaaaaaa...... ma nella testa di Mammapaperà la musica è quella, non c'è verso. Che fatica. Che fatica arrivare ad oggi. Un'attesa infinita per avere una data, la febbre, la tosse, l'incertezza fino all'ultimo, poi quella streghetta paperosa che non si voleva addormentare... ma adesso ci siamo.
Ed ecco, sììì, come in quel film inglese, quello degli atleti alle olimpiadi del 1924... è così, ecco quella musica! E' come una corsa. Una lunga, estenuantissima corsa durante la quale succede di tutto... inciampi, cadi, ti spingono fuori pista, ti fermi ad aiutare un compagno... e nel frattempo hai anche il tempo per pensare a tutto quello che è stato. A tutto quello che ti ha portato ad essere lì, in questo momento, col sudore che ti cola negli occhi annebbiando la vista... e così rivedi l'inizio di tutto...la prima campagna chemiobellica, un Bellacana poco più che treenne che spiega agli amichetti che la sua sorellina è pelata perchè è malata e loro non la devono toccare, l'illusione di avercela fatta, di aver finalmente saltato l'ostacolo...poi  la risonanza di un anno fa "C'è qualcosa da tenere d'occhio"... il castello di carta che crolla al rallenty, un pezzo alla volta...  il compleanno più triste della storia di un quattrenne che sa cancellare la tristezza con un sorriso, le scorribande estive tra galline e oasi faunistiche per fare il pieno di cose belle prima della camera sterile, poi il trasloco, le staminali, il mese in bassa carica e le corse ballerine a cavallo della flebo...la Papera first lady che saluta gli amichetti dal balcone...
Si muove...apre gli occhi!!!! oddio no!!! ancora!!!
Sveglia!
Pa pa pa paaaaaaaaaaaaam Pa pa pa paaaaaaaaaam!!! (di nuovo la svirgolata della puntina...)
Ok, manteniamo la calma! Mammapapera si accuccia all'estremità della macchina e stringe le manine della Paperaccia malefica sussurrandole dolcemente all'orecchio paroline che non sarebbe educato riproporre in un contesto amichevole come questo, Orlandoinnamorato somministra un'ultima dosetta di dormia e via che si riprende.
Mammapaperà si ritrova così bloccata in una posizione a metà tra quella del lottatore di sumo e quella di una donna che va in un bagno pubblico e si "nonsiede" per non toccare la lurida ciambella con le terga, in più ha le mani occupate dai pugnetti della Pennutaccia e la testa infilata nel risuonatore. Olè!!!
Direi che il video musicale dell'amarcord è finito. Adesso arrivano i dubbi, le ansie, le paure... il "Non guardare oltre il vetro che ci sono i dottori... eccoli... no no non guardare che se poi vedi una faccia preoccupata stai male... cacchio, ma come si fa a non guardare, ce li ho lì davanti! Dai, solo una sbirciatina..... hhhhhhh!!! cos'è quell'espressione? oddio, lo sapevo ! c'è qualcosa! oddio oddio no no no... dai, basta smettila..." e così fino alla fine della risonanza. Roba che se con quell' enorme aggeggione potessero vedere i pensieri delle persone che ci son dentro Mammapapera avrebbe trovato ad attenderla all'uscita una bella camicia di forza!
Finalmente la porta si apre e si accendono le luci.
Finito.
Pa pa pa pa pa pa pa pa paaaaa Pa pa pa pa paaaaaa pa paaaa pa paaaaa pa pa pa pa paaaaaaaaaaaaaaaa.....







giovedì 16 aprile 2015

Le Maguse

Da un po' di tempo nel giardino della Paperfamily veleggiano bizzarre presenze. Colorati esseri fluttuanti che galleggiano nell'aria. Magiche meduse che vivono appese agli alberi e proteggono i piccoli semi che la terra cova prima di vederli spuntare in teneri germogli d'erba. Spiritelli squinternati che forse proteggono dal male, forse colorano solo una primavera calda e già densa di imprevisti.
L'urodinamica è saltata causa febbre. Nonnamì è ricoverata per accertamenti. Bellacana di punto in bianco calcherà (a Calcara...bel giochino di parole...)  a giorni le tavole del suo primo vero palcoscenico.
Le Maguse luccicanti riflettono i raggi del sole e promettono che tutto sarà semplice, più semplice di quanto si creda. In questo consiste la loro magia, nell'abbagliare lo sguardo, confondere i sensi in un'iride colorata e pazzerella che ubriaca la ragione e fa spuntare il sorriso in chi passa distratto al loro fianco scambiandole per fantasmini, giocattoli, buffi mobiles usciti dalla mente bacata di Papàpapero. come mute sirene agitano le loro code luccicanti, e il fruscio di quella leggerezza non può lasciare indifferenti.
Ma non è così. Le Maguse lo sanno. Sanno che la vita è come il balletto.  Le Maguse sono etoiles che danzano leggere, che volano in una nuvola effimera fatta di sogni e vanità. Ma dietro? la danza, come la vita, quando è davvero di alto livello è così. Sembra tutto semplice. Sembra così facile per le ballerine innalzarsi e spiccare il volo, piroettare nel tutù fino a fare girare le testa, seguire la musica inarcandosi come giunchi senza spezzarsi mai. Sempre col sorriso, perfette. Sembra proprio che non costi loro nessuna fatica. Sembrano creature fatate, nate esclusivamente per fare quello. E invece no. Ogni ballerina, ogni danzatore, nasce con un corpo che sottostà a regole fisiche ben determinate, gravità ed equilibrio, per esempio. Ma sanno bene, danzatrici  e ballerini, che per eccellere, per raggiungere la perfezione, occorre dimenticare ogni legge della fisica e forzare quella natura che ci vuole esseri terreni. E allora lavorano su se stessi, andando contro la logica, imparando la leggerezza a suon di punte, di piedi martoriati, imparando che per volare più in alto bisogna prima caricare il peso verso in basso, che per mantenere la magia in perfetto equilibrio è necessario cercare l'estremo disequilibrio, che per non cadere bisogna porsi nella condizione di poter cadere da un momento all'altro, e tutto questo, da fuori, non deve trasparire, non si deve veder. Deve rimanere un segreto. Solo così la magia sarà efficace.
Forse per questo in realtà le Maguse sono apparse nel giardino della Paperfamily, per ricordare che la fatica, lo sforzo, la lotta, da fuori non si vedono. I sorrisi, Bellacana che canta, la Papera che corre, stendere il bucato al sole, giocare insieme a palla avvelenata, festeggiare il primo lustro con gli amici... le Maguse proteggono questo giardino e nascondono il lavoro, la forzatura di ciò che la natura vorrebbe in un certo modo ma che la Paperfamily si ostina a voler vivere come normalità, tre cateterismi al giorno, la pulizia quotidiana del broviak  (che a ben vedere è un tubo che esce dal petto della Paperonza e da lì procede viaggiando fino dentro le vene del collo ), le continue esortazioni alla Papera ghiottona affinchè mastichi abbastanza e beva spesso per evitare che il boccone si blocchi nel percorrere il suo esofaghetto scarlancato.
Tutto si regge  in un precarissimo equilibrio che ricorda esattamente quello dei ballerini. Sospesi nell'aria ad un passo dal baratro senza nessuno sforzo apparente. L'estrema anormalità che diventa semplice vista da fuori, ma che da dentro richiede sforzo, studio, disciplina.
E in questo pistolotto che ricorda un po' l'esordio della signorina Gray di Fame è racchiuso il segreto delle Maguse, della Paperfamily, di tutti gli oncogenitori che abbiamo incontrato in questa tortuosa ospedalata: Non  arrendersi alla difficoltà, alla natura matrigna, alle leggi della fisica nè alla forza di gravità, ma cercare di rendere semplice l'impossibile. Perchè se non è vero che volere è potere, e l'abbiamo visto da vicino troppe volte, sognare è magia.
Sempre!



martedì 24 marzo 2015

in caso di emergenza...

E l’Oncopapera ha chiesto asilo. Asilo  pollitico anzi per l’esattezza  asilo paperitico e, non ci crederete mai, l’ha ottenuto!  Le è stato concesso uno stupendissimo asilo ….NIDO (ma poi le papere nidificano???!!!). Ovviamente tale asilo non  poteva che trovaresi nel paesino di Piùmazzo, dove le piume sono di casa e si spera che non ci siano più…mazzate!!! Aria strana ...terra di folli , di Galli  Marinati , fucina di bambini fantasticanti   come Bellacana, Puffetta, Annymorrissognatrici e Verruche pittrici!!
Ma da che cosa la Bella Paperella  ha chiesto asilo? O beh non è necessario essere un Nobel o un Moltobrut. Il nostro  enfant caneton ha chiesto asilo paperitico  dall’oncovita di trincea.
Naturalmente è tutto prematuro, non può certo  appendere il Broviac al muro, se non rimanendo appesa come una saracca al soffitto! Eppure… sembrerebbe proprio  intenzionata a lasciarsi un po’ vivere. O  meglio, a lasciarsi un po’  cazzeggiare…ehm... pardon, paperare!!! Paperare nel modo più bello, paperare  come fanno tutti (come?...non avete mai visto nessuno paperare?....). Ma sì, come quelli che vivono senza farsi troppe domande sul perché e sul percome, su come sarà l’ultimo respiro del giorno? Finirà il mondo o finiranno i sogni? Chi vincerà l’Isola dei fetosi? E tutte ste domande che ormai annoiano anche i filosofi…
 La papera vuole semplicemente VIVERE, vivere finalmente e lamentarsi, lamentarsi di Papàpapero che improvvisamente se la stritola e la sbavezza con baci barbini e pungenti,  la paperotta vuole semplicemente giocare al parco, cantare, litigare, rigiocare, piangere e ridere col fratellone, sperimentare il gelato al mascarpone, inzuppare l’emmenthal nel latte! Insomma la papera ha chiesto e ottenuto un po’ di normalità e lascia le paturnie di finoaquantofinoaquandofinoacome ai grandi!
Paperotta paperotta che assieme a Bellacana sballonzoli nei nostri cuoricioni come popcorn scoppiettante,  adesso come adesso i papergenitori non possono certo ignorare tuttodi botto,  lè, via, fatto. Buttarsi alle spalle l’oncobattaglia seppellire le armi… sé, magari! Sarebbe bello, ma siamo vicini all’ennesima risonansia e  il ricordo dell’anno scorso, l’anniversario della recidiva pochi giorni prima del quarantesimo di Papàpapero, è imminente. La la valigia dell’ospedale è ancora intatta, nascosta proprio lì, dietro la porta della papercameretta. Non è stata mai più aperta.  Dentro, tra vestitini estivi minisize, pannolini taglia 3 e giochini e libercoli c’è  un pezzetto di Paperfamily che  rimane chiuso, inceppato tra le cerniere, e non ha alcuna voglia di uscire e di ridere alla vita. Non fa bene alla salute ignorarlo. Il desiderio di cantare vittoria è forte, ma come si fa a gridare VITTOOOORIIIIAAAA!!!!  ? Il cancro si può sconfiggere, ma rimane lì, come una parte di te. È  una parte della paperstoria, e merita rispetto. I papergenitori sono i primi a farsi beffe, nei loro racconti, della drammaticità di certi eventi, ma  ogni oncocombattente adulto vive questa discesa agli inferi (e agognato ritorno) in un modo tutto suo. Questo emerge bene durante i periodi di quiete: Mammapapera è un giunco, capace di piegarsi all’inverosimile, fino al limite estremo del coraggio, senza spezzarsi. Di tanto in tanto si annaffia con qualche lacrima di ansia e si concima con popcorn e assurdità ioneschiane. Papàpapero invece  è una proto quercia che urla al vento, che si vuole ribellare alle tempeste, si dimena e si agita nel tentativo di strapparsi le radici per poter picchiare le intemperie, poi perde le foglie, i rami si spezzano e rischia di rimanere nudo con la sua rabbia.
Ci vuole tempo, rassegnazione, fatalismo perché come dice la cara Psycomagicaeni “la vita è un tiro al piccione, chi prima, chi dopo, colpisce tutti!”  e allora bisogna vivere, godersela fin che si può, senza fasciarsi troppo la testa in sadiche convinzioni o credenze, senza aspettarsi giustizie divine, angeli vendicatori, o rosicchiarsi l’animo con sensi di colpa o autoanalisi. Non  c’è dato sapere il perché ed il percome, il senso e il nonsenso del vivere. Perché se la vita è un tiro al piccione è nostro compito scorrazzare nel cielo,  sentirci liberi, lineari, anche solo per un attimo, un soffio…
 Tutto questo  è dentro alla valigia rossa,  e ha un gigantesco gatto di polvere come guardiano.
Ma al di fuori, bè, al di fuori è tutta un’altra musica. La Paperfamily ce la mette tutta per fare il gioco preferito da Bellacana:  Facciamo finta di essere... c’è una gran voglia di scemenzare, ridere, scherzare, sballarsi di vita. E così si prova a fare come un quasi cinquenne buttandosi in tutto senza vivacchiare e  senza porsi troppe domande. A far finta così tanto che la finzione in quel attimo diventa verità.   E allora va bene, facciamo finta di essere… Winx, Little Pony, o anche solo una famiglia straordinariamente normale! E si gioca mettendoci tutta l’anima.
…ma poi c’è il broviac da medicare, il cateterismo, gli esami, i contatti con l’ospedale. E poi  ci sono altri protagonisti che sono stati vicini alla Paperfamily e l’ hanno sostenuta, e che forse ora vorrebbero che la pagina fosse voltata. Ci sono dei papernonni che richiederebbero più attenzione, che desidererebbero avere un po’ degli occhi dei  figli puntati anche sui loro malanni, ci sono famigliari che vorrebbero far finta che l’oncopapermondo  facesse parte esclusivamente del passato.  Ci sono quelli che sono scomparsi, o che la Paperfamily ha lasciato scomparire, ci sono amici che forse si sono stufati di aspettare o forse semplicemente aspettano di potersi riavvicinare quando sarà il momento giusto.
E’ un mondo che nel bene e nel male ci riporta alle campagne sul Montecanchero. E  allora il  fare finta che… il sezionare i pensieri e le attenzioni diventano uno sforzo razionale (per sopravvivere) e istintivo (di sopravvivenza) al tempo stesso, che ci porta a scegliere la Paperfamily prima di tutto il resto. Perché in certe situazioni bisogna avere il coraggio di rompere il vetro e tirare fuori l’estintore per farsi strada tra le fiamme, lasciando agli altri la libertà o il dovere di seguirti!

Non sappiamo per quanto, per come , per dove. E allora, semplicemente, VIVIAMO! 

venerdì 13 febbraio 2015

I 10 diritti imprescrittibili dell'oncogenitore

1)      Il diritto di piangere; e ci mancherebbe altro!

2)      Il diritto di ridere della sventura. Anche quando gli altri non capiscono e ci guardano come creature ciniche e senza qualche rotella, ridere ridere e sorridere. Perché tanto più di questo non possiamo fare, e la situazione non cambia. Ma quella… non cambia nemmeno se piangi tutte le tue lacrime.

3)      Il diritto di essere intolleranti. Di guardare negli occhi chi, senza cognizione di causa,  ti dice “andrà tutto bene” e mandarlo sonoramente a quel paese.

4)      Il diritto di essere in ansia (…più o meno continuamente) E di dissimularlo (…quasi continuamente).

5)      Il diritto ad una prospettiva sul mondo che gli altri se la sognano. Una prospettiva che rimette subito in squadra i falsi problemi che quotidianamente ci assillano. Che ci fa capire cosa vale e cosa non conta niente. Che ci permette, con una certa sensazione di leggerezza, di recidere i rami secchi di quelle relazioni che ci affannano senza più darci gioia, di lasciarci alle spalle cose e persone che tenevamo lì per “buona educazione”.

6)      Il diritto di dire scemenze con altri oncogenitori… anche nei momenti peggiori. Perché piangere dal ridere è meglio che piangere e basta.

7)      Il diritto di non essere compatiti.

8)      Il diritto di non rispondere e non parlare. Un po’ perché a volte dalla nostra bocca uscirebbero solo improperi, insulti e parolacce. Un po’ perché a volte le parole non servono più.

9)      Il diritto ad avere dei dubbi (su Dio, sulla medicina, sull’ ordine logico delle cose, su chi ha ucciso Laura Palmer,  su Brad Pitt e Angelina Jolie…).

10)   Il diritto di sentirsi i superstiti del naufragio più tremendo e crudele che possa travolgere l’animo umano. Feriti, mutilati, invalidi permanenti di un’innocenza che ora, vista addosso ad altri, risulta stucchevole, a tratti nauseante. Quell’innocenza ottusa che fa dire sempre “cosa vuoi che sia, pensa positivo, è l’atteggiamento che conta”, perché tu lo sai, e l’hai visto che non è così. Perché sarebbe come dire che chi non è guarito non l’ha voluto abbastanza. E tu… eccome se lo sai che non è così!

11)   …Sì, ok, si era detto dieci, ma questo è un diritto supplementare. Il diritto sacrosanto e inviolabile di adorare e sostenere i fratelli e le sorelle dei nostri piccoli guerrieri. La guerra la vivono e la combattono anche loro, con le loro poche, piccole armi.
Il diritto, loro, ad essere accompagnati in questo viaggio oscuro e periglioso, e nella sua risoluzione, altrettanto incerta e disseminata di ostacoli e trabocchetti. Il loro diritto a ricevere risposte esaurienti e sincere, per poter conoscere le cose come stanno e farsi una propria idea. Il diritto a non essere abbandonati in balia del dissesto, di essere presi per mano e accompagnati. Il diritto a non essere sottovalutati o trascurati. La loro battaglia è una battaglia meno rumorosa, ma altrettanto difficile. Qualunque età abbiano questi gregari da combattimento sono fonte e linfa per i fratelli e le sorelle malate, e noi genitori abbiamo il dovere di  permettere loro di continuare a cercare il sole, a crescere, a spingersi oltre i nostri sogni e trovare il loro spazio verso il cielo.


È un nostro dovere, e un loro diritto!

venerdì 16 gennaio 2015

Sangue



E il marker della Papera guerriera va markato stretto.   Markato a vista,  per cui, tra pochi giorni, nuovo prelievo e nuovo verdetto.  Ma sarà poi giusto chiamarlo vedetto? La Papera non è una pianta,  nelle sue  vene pennute non c’è clorofilla, ma sangue.  Allora il responso dovrebbe chiamarsi   rossetto, perché nelle campagne oncobelliche il tumore usa  trucchi pesanti, in fondo è una baldracca imprevedibile   che mina  la tranquillità della Paperfamily e trasforma  una  nanoguerra  concentrata in 11 chili e 800 grammi  in un conflitto mondiale.
È pur vero che il più minuscolo topolino può far saltare a gambe all’aria un elefante …e allora  forza microorganismi che pascolate  tra le cellule del suo scodino paperoso,  datevi da fare!  Paperciti, papparato di Golgi, paperocondri fate bene il vostro lavoro e mandate a fan …vacuolo  le cellule tumorali!!!  Globuli rossi, bianchi, blu, malva e pervinca, colorate il microcosmo paperoso dei colori dell’arcobaleno perché l’oncotruppa vorrebbe tanto poter deporre le armi  e continuare a sventolare la bandiera della pace  quotidiana!
Tutto questo proprio mentre il cancro è diventato spaventosamente globale. È diventato un brand! Non si dice forse… “ è un cancro della società” o anche “cattivo come un cancro”, o ancora “cellule terroristiche” …niente da fare, questo cancro è proprio un tipo creativo, si è esteso a livello mondiale, e l’uomo non è che una cellula tumorale!
Il cancro è nella follia di uomini che uccidono in nome di Dio. Un qualsiasi Dio, anzi, un dio qualsiasi!  Un dio che non ha una sola religione, ma 10, 100, 1000, e un solo nome Terrore. Un Dio che non ha colore, non ha lingua, è un Dio Babele, una fenice che cambia  piumaggio ma non muore mai e si rigenera ogni volta più feroce e crudele di prima. La storia insegna.
La Paperfamily trema,  perché pur essendo più avvezza alle assurdità che alla normalità della vita, e pur condannando e puntando il becco contro gli attentati,  trema forte, fortissimo difronte a chi stereotipizza, a chi generalizza nascondendosi dietro  euristiche superficiali che  fan  di tutta l’erba un fascio, un fascio che rischia di rimanere appiccicato addosso e diventare un pensiero comune che saltella al suono di Faccetta Nera.
La paura metastatizza pensieri ed emozioni, e ci si ritrova a puntare il dito contro tutta una razza dimenticando che Ahmed ci ha appena venduto l’insalata, Mamhed ci ha prescritto un farmaco e Aisha ha appena lavato la dentiera del nostro vecchio. 
Oddio, adesso Oaspedalando ospita post politici? Pacifisti? Buonisti ?No,  no, mai e poi mai . Mammapapera e Papàpapero il buonismo se lo sono lasciati alle spalle quel giorno di giugno di ormai quasi due anni fa, lui poi ha la cultura di un tronista vanziniano, e lei si è giocata gli ultimi due neuroni buoni con la seconda maternità! 
Il fatto è che la Paperfamily ha vissuto il tifo, la comprensione, la condivisione, la solidarietà anche da parte di perfetti sconosciuti, e allora, questa paura dell’altro? Questa paura  dietro la quale ci si barrica ergendo muri d’incomprensione, odio, rancore? Perché? L’abbiamo  provato sulla nostra pelle, perché non possiamo fare di meglio? L’essere umano E’ meglio. È un animale curioso, socievole, aperto al prossimo e capace di grandi gesti di generosità e solidarietà, perché ci è così difficile non dare il peggio di noi stessi?
… ma forse sono solo parole.  Dopotutto anche la Papera è un' immigrata, portatrice di un mondo che spaventa e che fortunatamente pochi conoscono. Non mangia couscous ma frullati di pasta, fino a poco tempo fa era innaturalmente spelacchiata, non è nera ma aveva  un pallore degno di Jack Skeleton, viveva anche lei in una comunità ristretta con le sue regole ferree, barricata in casa, in giro con una sorta di hijab a coprirle la bocca… eppure è stata capita, accettata, amata. E i signori bambini (in questo caso specifico primo tra tutti il sempre grandissimo Comandante Bellacana!) ci danno una lezione di innocenza e potenza.
Paradossalmente l’assurdità dell’oncocosmo è molto più organizzata di quella del mondo reale.  Prima di colpire l’onconemico è determinante dargli un nome, tracciare un identikit ben preciso, solo così si può puntare il mirino in modo efficace e colpire. …non si può mica sparare chemio a caso sulla folla.
L’oncopediatra è un cecchino!
Al settimo piano vige la democrazia. La  democrazia della malattia che colpisce tutti, senza distinzione di razza, ceto sociale, casta e religione. In questa uguaglianza scatta una solidarietà invisibile, un tifo, una sorta di complicità sottile e delicata che ti sostiene  Al settimo piano le religioni convivono pacificamente, nessuna prevarica o è più efficace dell’altra, esistono o non esistono allo stesso modo. Il cancro esiste, e a volte è invisibile, e fa paura perché è qualcosa di reale. E le preghiere guariscono o non guariscono in qualsiasi lingua e a qualsiasi dio siano indirizzate.
Non è semplice per la Paperfamily, ma credo per tutte le oncofamiglie in transito,  riuscire a respirare e amplificare  la serenità di questi  mesi di pace quando il sangue esplode tra le crepe arteriose del mondo  e tinge  la realtà di un vermiglio intenso.  Quando  trasfusioni di follia vengono iniettate nell’aria tingendo tutto di paura e diffidenza. Il mondo grida, urla,  piange e travolge  i sorrisi  e i canti di chi ha vinto microbattaglie quotidiane lottando per mesi e anni. Quel sangue, in cui si ripongono tante speranze, quel sangue che ci parla di guarigione o di malattia, quel sangue di vita, che ha lo stesso colore e lo stesso sapore caldo e metallico sotto ogni cielo del mondo, diventa sangue versato in nome di una presunta identità, razza, religione, ideologia che in realtà ha già perso in partenza. Perché dove c’è spargimento di sangue, si è già rinunciato al futuro, ad un orizzonte più grande, che invece di escludere include, comprende, abbraccia le differenze, e parla.
Parla la lingua dell’umanità.