venerdì 16 gennaio 2015

Sangue



E il marker della Papera guerriera va markato stretto.   Markato a vista,  per cui, tra pochi giorni, nuovo prelievo e nuovo verdetto.  Ma sarà poi giusto chiamarlo vedetto? La Papera non è una pianta,  nelle sue  vene pennute non c’è clorofilla, ma sangue.  Allora il responso dovrebbe chiamarsi   rossetto, perché nelle campagne oncobelliche il tumore usa  trucchi pesanti, in fondo è una baldracca imprevedibile   che mina  la tranquillità della Paperfamily e trasforma  una  nanoguerra  concentrata in 11 chili e 800 grammi  in un conflitto mondiale.
È pur vero che il più minuscolo topolino può far saltare a gambe all’aria un elefante …e allora  forza microorganismi che pascolate  tra le cellule del suo scodino paperoso,  datevi da fare!  Paperciti, papparato di Golgi, paperocondri fate bene il vostro lavoro e mandate a fan …vacuolo  le cellule tumorali!!!  Globuli rossi, bianchi, blu, malva e pervinca, colorate il microcosmo paperoso dei colori dell’arcobaleno perché l’oncotruppa vorrebbe tanto poter deporre le armi  e continuare a sventolare la bandiera della pace  quotidiana!
Tutto questo proprio mentre il cancro è diventato spaventosamente globale. È diventato un brand! Non si dice forse… “ è un cancro della società” o anche “cattivo come un cancro”, o ancora “cellule terroristiche” …niente da fare, questo cancro è proprio un tipo creativo, si è esteso a livello mondiale, e l’uomo non è che una cellula tumorale!
Il cancro è nella follia di uomini che uccidono in nome di Dio. Un qualsiasi Dio, anzi, un dio qualsiasi!  Un dio che non ha una sola religione, ma 10, 100, 1000, e un solo nome Terrore. Un Dio che non ha colore, non ha lingua, è un Dio Babele, una fenice che cambia  piumaggio ma non muore mai e si rigenera ogni volta più feroce e crudele di prima. La storia insegna.
La Paperfamily trema,  perché pur essendo più avvezza alle assurdità che alla normalità della vita, e pur condannando e puntando il becco contro gli attentati,  trema forte, fortissimo difronte a chi stereotipizza, a chi generalizza nascondendosi dietro  euristiche superficiali che  fan  di tutta l’erba un fascio, un fascio che rischia di rimanere appiccicato addosso e diventare un pensiero comune che saltella al suono di Faccetta Nera.
La paura metastatizza pensieri ed emozioni, e ci si ritrova a puntare il dito contro tutta una razza dimenticando che Ahmed ci ha appena venduto l’insalata, Mamhed ci ha prescritto un farmaco e Aisha ha appena lavato la dentiera del nostro vecchio. 
Oddio, adesso Oaspedalando ospita post politici? Pacifisti? Buonisti ?No,  no, mai e poi mai . Mammapapera e Papàpapero il buonismo se lo sono lasciati alle spalle quel giorno di giugno di ormai quasi due anni fa, lui poi ha la cultura di un tronista vanziniano, e lei si è giocata gli ultimi due neuroni buoni con la seconda maternità! 
Il fatto è che la Paperfamily ha vissuto il tifo, la comprensione, la condivisione, la solidarietà anche da parte di perfetti sconosciuti, e allora, questa paura dell’altro? Questa paura  dietro la quale ci si barrica ergendo muri d’incomprensione, odio, rancore? Perché? L’abbiamo  provato sulla nostra pelle, perché non possiamo fare di meglio? L’essere umano E’ meglio. È un animale curioso, socievole, aperto al prossimo e capace di grandi gesti di generosità e solidarietà, perché ci è così difficile non dare il peggio di noi stessi?
… ma forse sono solo parole.  Dopotutto anche la Papera è un' immigrata, portatrice di un mondo che spaventa e che fortunatamente pochi conoscono. Non mangia couscous ma frullati di pasta, fino a poco tempo fa era innaturalmente spelacchiata, non è nera ma aveva  un pallore degno di Jack Skeleton, viveva anche lei in una comunità ristretta con le sue regole ferree, barricata in casa, in giro con una sorta di hijab a coprirle la bocca… eppure è stata capita, accettata, amata. E i signori bambini (in questo caso specifico primo tra tutti il sempre grandissimo Comandante Bellacana!) ci danno una lezione di innocenza e potenza.
Paradossalmente l’assurdità dell’oncocosmo è molto più organizzata di quella del mondo reale.  Prima di colpire l’onconemico è determinante dargli un nome, tracciare un identikit ben preciso, solo così si può puntare il mirino in modo efficace e colpire. …non si può mica sparare chemio a caso sulla folla.
L’oncopediatra è un cecchino!
Al settimo piano vige la democrazia. La  democrazia della malattia che colpisce tutti, senza distinzione di razza, ceto sociale, casta e religione. In questa uguaglianza scatta una solidarietà invisibile, un tifo, una sorta di complicità sottile e delicata che ti sostiene  Al settimo piano le religioni convivono pacificamente, nessuna prevarica o è più efficace dell’altra, esistono o non esistono allo stesso modo. Il cancro esiste, e a volte è invisibile, e fa paura perché è qualcosa di reale. E le preghiere guariscono o non guariscono in qualsiasi lingua e a qualsiasi dio siano indirizzate.
Non è semplice per la Paperfamily, ma credo per tutte le oncofamiglie in transito,  riuscire a respirare e amplificare  la serenità di questi  mesi di pace quando il sangue esplode tra le crepe arteriose del mondo  e tinge  la realtà di un vermiglio intenso.  Quando  trasfusioni di follia vengono iniettate nell’aria tingendo tutto di paura e diffidenza. Il mondo grida, urla,  piange e travolge  i sorrisi  e i canti di chi ha vinto microbattaglie quotidiane lottando per mesi e anni. Quel sangue, in cui si ripongono tante speranze, quel sangue che ci parla di guarigione o di malattia, quel sangue di vita, che ha lo stesso colore e lo stesso sapore caldo e metallico sotto ogni cielo del mondo, diventa sangue versato in nome di una presunta identità, razza, religione, ideologia che in realtà ha già perso in partenza. Perché dove c’è spargimento di sangue, si è già rinunciato al futuro, ad un orizzonte più grande, che invece di escludere include, comprende, abbraccia le differenze, e parla.
Parla la lingua dell’umanità.

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