domenica 9 marzo 2014

Il parto del Mammosauro



Cari Mamma e Papà,
sedetevi e respirate forte, profondamente.
Cercate di attutire quella sensazione di pallonata nello stomaco che vi toglie il fiato e vi catapulta indietro, attraverso tutto un campo da calcio che sembra non finire mai, e continuate a respirare, qualunque cosa succeda, sembra scontato, ma a volte l’apnea tenterà di prendere il sopravvento. Voi respirare sempre forte, profondamente.

Ben arrivati, benvenuti in un posto dove non vi avremmo mai voluti incontrare.
Avremmo preferito conoscervi in un parchetto, anche in quello più spelacchiato, dove l’ombra di un unico alberello striminzito è contesa dai vecchietti,  oppure all’uscita di scuola, imbottigliati tra un’orda affamata di ragazzini e una mandria di auto parcheggiate in sestupla fila.
Benvenuti oltre il divieto d’accesso.
Uscite dalla stanza e guardate verso quella porta a vetri. Sì, siete nel mondo nello specchio, e vi chiedere come possa essere successo, e perché, e mille e mille domande vi si affastellano nella testa.
Se non lo sapete già lo scoprirete presto, non c’è risposta. Può accadere a chiunque di essere catapultato così, con una palla d’acciaio nello stomaco.  Chi vi scrive lo sa bene! Noi ci siamo passati, anzi, non ne siamo ancora usciti del tutto, e questa vostra vertigine ci accompagna ancora, e chissà per quanto sentiremo nello stomaco il livido di quella pallonata.
Questo bizzarro vantaggio temporale ci fa sentire un po’ “colleghi senior”, con quella cameratesca sfacciataggine da “Nonni” che  parlano “dall’alto della loro esperienza”… che nel caso specifico all’inizio del nostro viaggio era  un’esperienza alta sessanta centimetri e pesante quanto un galletto amburghese, perché queste erano le misure della nostra bebona, in arte OncoPaperaGuerriera, che a nove mesi suonati ha pensato di fare un Oncoerasmus sul Monte Canchero.

Avete tutto il diritto di pensare “Ma chi sono, e cosa vogliono questi due, sadici che non sono altro! Darci il benvenuto in un posto come questo! L’ultimo posto al mondo in cui un genitore vorrebbe trovarsi con suo figlio! C’è poco da scherzare!!!”
Vi diamo il benvenuto perché anche nella difficoltà vi sentiate accolti. Non siete qua per soffrire o per fare un percorso catastrofico,  siete qui per lottare e  combattere in prima linea.  Purtroppo possiamo darvi poche certezze, ma una di queste è che siete in buone mani perché ci sono professionisti e non santoni che risucchiano in un battibaleno la malattia imponendo le mani sulle parte malata,  o facendo bere succo di ribes nero muschiato colto all’alba di un anno bisesto sulla cima del monte Ararat da un centenario scalzo il cui nome inizia per Q.  Al vostro fianco ci sono uomini e donne tenaci, capaci, e umani,  e saranno alleati e strateghi in questa lunga battaglia. Medici e infermieri da combattimento che, supportati da un ospedale e da una rete che va oltre le pareti del policlinico, gestiranno  l’artiglieria pesante,  a voi il delicato e  fondamentale compito di coltivare costantemente la vita, di essere MAMA e PAPA’, di esserlo più di prima, e di urlarlo in faccia alla malattia. Guardatela negli occhi senza paura, perché il vostro amore vincerà su qualsiasi destino, comunque vadano le cose.  
E’ vero, c’è poco da scherzare, e infatti sui bambini non si scherza, ma con i bambini si vive. E qui, al di qua del divieto, bisogna farli vivere al meglio, proprio perché ci si trova nel peggio. Come un bambino che cade prima di piangere guarda la faccia della mamma, e se questa sorride allora sorride anche lui, si rialza e riparte, anche qui dentro i bambini ci guardano. Più che altrove. Mamma, Papà, armatevi di forza, coraggio, sorrisi e follia. Sono queste le armi che vi aiuteranno a combattere, a coltivare, insieme al vostro bambino, quel fantamondo di draghi, gnomi, cappucetti rossi, unicorni che vi permetterà di trasformare una realtà sovrannaturale in una battaglia ad armi pari. Siate scudieri dei vostri piccoli guerrieri.  Vostro figlio ha bisogno di voi, della vostra energia, di sapere che ci siete, che soffrite ma che lottate.  Imparerete ad apprezzare i passi delle formiche e lo scorrere lento delle nuvole nel cielo,  a respirare l’attimo perché il domani è un abisso condito di incertezza.  

La ferita è fresca, ora è tempo di lacrime, sconcerto e rabbia.
 Avete diritto di provare qualsiasi sentimento, anche il più crudele e meschino,  e qualunque esso sia non ci sarà giudizio. Avete il diritto di essere spaventati, incazzati, increduli, mortificati, avete diritto di piangere, disperarvi, tirare calci al muro e pugni al cielo, cantare una sanissima masiniana “Vaffanculo” perché la comunicazione della diagnosi di leucemia, tumore, anemia falciforme… è un chiodo che vi viene improvvisamente conficcato nel cuore,  uno stupro all’innocenza del vostro bambino.  Vi state  chiedendo perché è successo  proprio a vostro figlio, al vostro  bambino, che magari ha quasi 18 anni, è alto due metri e pesa 120 kg, ma  che di fronte a un tumore torna ad essere quel bimbo che vi chiedeva protezione, al quale bastava bacio sulla ferita per far passare il male, un abbraccio per scacciare un brutto sogno oltre le porte della sua notte azzurra. E ora…  ora come  vorreste saperlo  proteggere!  Vorreste essere corazza e bastione in difesa del vostro piccolo, proteggerlo tra le vostre pareti credendo di essere abbastanza spessi e forti per contenerlo e lasciare al di fuoritutto il resto, ma noi e voi lo sappiamo come ci si sente qui… fragili come un guscio d’uovo, basta niente, una pressione un po’ più forte, un urto dato nel punto sbagliato, una distrazione e… crak! Si va in pezzi!   E ti ritrovi l’albume che scivola via, il tuorlo che fuoriesce da una crepa improvvisa e la tua onnipotenza si sgretola, si frantuma in un mosaico di calcare.  Il segreto è ostentare il vostro guscio fragile come se fosse un’armatura, e costruirgli intorno un nido morbido e caldo, per attutire i colpi. Un nido fatto di momenti belli, che ci sono stati e che ci saranno, di sorrisi vostri e dei bambini, di ironia e di coraggio.

E ’vero che ogni storia è un mondo a sé, ma è anche vero che il dolore è un’esperienza universale, e qui più che altrove è anche un’esperienza condivisa, come la gioia, la speranza, il coraggio. Ed anche qui, tra le stanze che si affacciano su questo corridoio, si può trovare il bello, nei rapporti che si creano tra le persone, nella condivisione.
Poche certezze dicevamo, l’ultima  che possiamo azzardare è che il vostro senso di impotenza sarà colmata dal vostro esserci, esserci nelle piccole cose, esserci , insieme, con, stretti forte gli uni agli altri, ESSERCI.  La guerra è vostra, non ci saranno altri combattenti, eppure… sentirete intorno  una rete, un abbraccio caldo e rassicurante che vi sosterrà, se volete traetene forza, oppure lasciate che agisca da solo, come un impacco medicamentoso,  attraverso le misteriose energie che gravitano e si intrecciano da questa parte dello specchio.  
Presto il suffisso Onco vi farà meno paura, potrà persino  diventare il vostro vessillo di guerra, un linguaggio speciale (come quello di Batman che mette “Bat” davanti ad ogni parola): oncomobile, oncosuite, oncogioco, oncomedico…  sarà un altro, piccolo passo avanti, un altro piccolo punto a vostro favore nella lotta contro la malattia.
Poi la notte verrà a schiacciarvi con i suoi mille pensieri, e prendere sonno sarà impossibile, e verrete sballottati vorticosamente sull’altalena tra realtà e oncorealtà, passato e oncopresente, immagini che si affastellano in flash back disordinati, e dovrete di nuovo farvi coraggio, scacciare i fantasmi… e così via.
Insomma, sarà una strada lunga e perigliosa, un parto da tirannosauro. Mesi e mesi di attesa, con poche certezze e tante paure. Tutto tornerà ad essere arcaico e misterioso.  E’ paradossale,  l’ennesima assurdità della vita, sarà come essere chiamati vivere una seconda gestazione, però spogliata di quello stupore magico e naturale al tempo stesso. Le ansie, timori,  le ecografie, la paura che ci sia qualcosa che non va, che qualcosa vada storto, le corse al pronto soccorso, la sensazione di inadeguatezza di un cambiamento che vi fa improvvisamente scavallare nel mondo adulto, la panza che cresce...
Sarà la gestazione  del Mammosauro,  lunga, dolorosa, imprevedibile, misteriosa come quella di un animale preistorico… con la differenza che loro si sono estinti, stavolta saremo noi ad estinguere il dolore.
E quando ne uscirete non sarete mai più gli stessi!  

Antepost



Questo è l’Antepost ossia un post che  aggiorna ma che non ci azzecca come una zecca allo zecchino d’oro con il vero Post… Insomma l’antepost sono poche righe di aggiornamento che non c’entrano niente con il post ufficiale, oppure  possono servire per introdurlo e spiegarlo, ma come ben sapete i papergenitori hanno la tendenza a sbrodolare scivolando in un vortice di parole, fantasia, follia e a perdere  il senso, altre volte  credono di essere comprensibili quando in realtà si servono di riferimenti e citazioni chiare solo per loro  e per i pazienti più gravi  di Diagnosi e Cura. Perciò, se  speravate di esservi liberati della Paperfamiglia e delle sue mirabolanti avventure… NO, NADA, NIET, NINE!  I papergenitori hanno ancora tanto da raccontare! Vi sfiniranno, anche se in questo momento gli sfiniti sono loro, tornare  all’ Anormalità quotidiana è una corsa/slalom a perdifiato ( no no, non è un errore di battitura, è proprio che per alla nostra family la normalità così come normalmente intesa non appartiene, chiedetelo allo spelacchiato pollo  di gomma fissato allo stipite della porta del salotto, al calco in gesso dei denti di Papàpapero esposti come soprammobili assieme all’apparecchio di quando aveva dodici anni, oppure al John Bonsai Jovi…). 
Ridendo e scherzando la Paperina si è appena tuffata nella nuova avventura da nidarola, Papàpapero vede lo skyline del ritorno alla sua attività professionale sempre più definito,  gli oncoesami vanno bene, il becco rattoppato è migliorato, la produzione di Tronky fecali è in ripresa, il serbatoio liquidi è ancora un po’ in stand by, perciò… chissà, il sequel di Ospedalando sarà Scateterando…
Il prossimo post sarà Lettera per un Oncogenitore da un Oncogenitore, e nasce da due situazioni che hanno fatto scattare gli spelacchiati neurocriceti che abitano nelle scatole craniche dei papergenitori: la prima è stata la proposta informale della carissima volontaria Exoncostorica (anche se per un genitore ….un tumore è come un diamante:  per sempre!) che ha chiesto loro se  la sentissero di cimentarsi nella stesura di  un incipit per il Manuale delle giovani Oncormotte, ossia il prezioso  fascicolo dell’associazione Aseop che viene fornito alle nuove famiglie  non appena varcano la soglia del reparto.
(Ora, non lo diremo a nessuno, ma Papàpapero è pieno di idee per dare un caloroso benvenuto ai nuovi arrivati, ad esempio li si potrebbe accogliere mettendo loro al collo una  ghirlanda di cateteri e offrendo un cocktail di benvenuto a base di Fizzsiologica Lemmon o Emoglobina Dry).
La seconda situazione invece risale all’ultima volta che Papàpapero  ha accompagnato la Papera Guerriera ad Oncopaperologia, aspettando i medici ha buttato un occhio dentro alla stanza 1 (ovviamente in senso metaforico, sarebbe very pulp se al povero genitore della stanza arrivasse addosso un saltellante  bulbo oculare mooolto moooooolto miope!) e ha visto un ovetto…. ( dicesi ovetto quella sorta di poltroncina per beboni che, nei primi mesi di vita, funge anche da seggiolino auto ) un altro  oncobaby ospite, a Papàpapero è sembrato di essere il corridore di un’immaginaria staffetta nella quale stava per passare il testimone... un testimone fantasma di una staffetta assurda,  che avrebbe piuttosto voluto conficcarsi nel cuore, non certo passarlo ad altre famiglie. Le parole sono uscite da sole, un po’impacciate…  tante cose avrebbe voluto dire a quella mamma,  ma un po’ la timidezza, un po’ quel senso di inadeguatezza che certi momenti si portano dentro ha appiccicato le frasi tra la gola e l’esofago, quasi come fossero di caramella mou… o forse è  l’atresia della Papera ad essere contagiosa.
E così, in un istante, è nato un post che ha avuto una lunga e non facile gestazione, che è costato tempo, discussioni, correzioni e rivisitazioni, e che a dire il vero non è ancora del tutto sistemato… perciò intanto ecco l’antepost!