E il marker della Papera guerriera va markato stretto. Markato a vista, per cui, tra pochi giorni, nuovo prelievo e
nuovo verdetto. Ma sarà poi giusto chiamarlo
vedetto? La Papera non è una
pianta, nelle sue vene pennute non c’è clorofilla, ma
sangue. Allora il responso dovrebbe
chiamarsi rossetto,
perché nelle campagne oncobelliche il tumore usa trucchi pesanti, in fondo è una baldracca
imprevedibile che mina la tranquillità della Paperfamily e
trasforma una nanoguerra
concentrata in 11 chili e 800 grammi
in un conflitto mondiale.
È pur vero che il più minuscolo topolino può far saltare a gambe
all’aria un elefante …e allora forza
microorganismi che pascolate tra le
cellule del suo scodino paperoso, datevi
da fare! Paperciti, papparato di Golgi,
paperocondri fate bene il vostro lavoro e mandate a fan …vacuolo le cellule tumorali!!! Globuli rossi, bianchi, blu, malva e pervinca,
colorate il microcosmo paperoso dei colori dell’arcobaleno perché l’oncotruppa
vorrebbe tanto poter deporre le armi e
continuare a sventolare la bandiera della pace
quotidiana!
Tutto questo proprio mentre il cancro è diventato spaventosamente
globale. È diventato un brand! Non si dice forse… “ è un cancro della società”
o anche “cattivo come un cancro”, o ancora “cellule terroristiche” …niente da
fare, questo cancro è proprio un tipo creativo, si è esteso a livello mondiale,
e l’uomo non è che una cellula tumorale!
Il cancro è nella follia di uomini che uccidono in nome di Dio. Un
qualsiasi Dio, anzi, un dio qualsiasi! Un
dio che non ha una sola religione, ma 10, 100, 1000, e un solo nome Terrore. Un
Dio che non ha colore, non ha lingua, è un Dio Babele, una fenice che cambia piumaggio ma non muore mai e si rigenera ogni
volta più feroce e crudele di prima. La storia insegna.
La Paperfamily trema, perché
pur essendo più avvezza alle assurdità che alla normalità della vita, e pur
condannando e puntando il becco contro gli attentati, trema forte, fortissimo difronte a chi
stereotipizza, a chi generalizza nascondendosi dietro euristiche superficiali che fan di
tutta l’erba un fascio, un fascio che rischia di rimanere appiccicato addosso e
diventare un pensiero comune che saltella al suono di Faccetta Nera.
La paura metastatizza pensieri ed emozioni, e ci si ritrova a puntare
il dito contro tutta una razza dimenticando che Ahmed ci ha appena venduto
l’insalata, Mamhed ci ha prescritto un farmaco e Aisha ha appena lavato la
dentiera del nostro vecchio.
Oddio, adesso Oaspedalando ospita post politici? Pacifisti? Buonisti
?No, no, mai e poi mai . Mammapapera e
Papàpapero il buonismo se lo sono lasciati alle spalle quel giorno di giugno di
ormai quasi due anni fa, lui poi ha la cultura di un tronista vanziniano, e lei
si è giocata gli ultimi due neuroni buoni con la seconda maternità!
Il fatto è che la Paperfamily ha vissuto il tifo, la comprensione, la
condivisione, la solidarietà anche da parte di perfetti sconosciuti, e allora,
questa paura dell’altro? Questa paura dietro la quale ci si barrica ergendo muri
d’incomprensione, odio, rancore? Perché? L’abbiamo provato sulla nostra pelle, perché non
possiamo fare di meglio? L’essere umano E’
meglio. È un animale curioso, socievole, aperto al prossimo e capace di grandi
gesti di generosità e solidarietà, perché ci è così difficile non dare il
peggio di noi stessi?
… ma forse sono solo parole.
Dopotutto anche la Papera è un' immigrata, portatrice di un mondo che
spaventa e che fortunatamente pochi conoscono. Non mangia couscous ma frullati
di pasta, fino a poco tempo fa era innaturalmente spelacchiata, non è nera ma
aveva un pallore degno di Jack Skeleton,
viveva anche lei in una comunità ristretta con le sue regole ferree, barricata
in casa, in giro con una sorta di hijab a coprirle la bocca… eppure è stata
capita, accettata, amata. E i signori bambini (in questo caso specifico primo
tra tutti il sempre grandissimo Comandante Bellacana!) ci danno una lezione di
innocenza e potenza.
Paradossalmente l’assurdità dell’oncocosmo è molto più organizzata di
quella del mondo reale. Prima di colpire
l’onconemico è determinante dargli un nome, tracciare un identikit ben preciso,
solo così si può puntare il mirino in modo efficace e colpire. …non si può mica sparare
chemio a caso sulla folla.
L’oncopediatra è un cecchino!
L’oncopediatra è un cecchino!
Al settimo piano vige la democrazia. La democrazia della malattia che colpisce tutti,
senza distinzione di razza, ceto sociale, casta e religione. In questa
uguaglianza scatta una solidarietà invisibile, un tifo, una sorta di complicità
sottile e delicata che ti sostiene Al
settimo piano le religioni convivono pacificamente, nessuna prevarica o è più
efficace dell’altra, esistono o non esistono allo stesso modo. Il cancro esiste, e a volte è invisibile, e fa paura perché è qualcosa di reale. E le preghiere guariscono o non
guariscono in qualsiasi lingua e a qualsiasi dio siano indirizzate.
Non è semplice per la Paperfamily, ma credo per tutte le oncofamiglie
in transito, riuscire a respirare e
amplificare la serenità di questi mesi di pace quando il sangue esplode tra le
crepe arteriose del mondo e tinge la realtà di un vermiglio intenso. Quando
trasfusioni di follia vengono iniettate nell’aria tingendo tutto di
paura e diffidenza. Il mondo grida, urla,
piange e travolge i sorrisi e i canti di chi ha vinto microbattaglie
quotidiane lottando per mesi e anni. Quel sangue, in cui si ripongono tante
speranze, quel sangue che ci parla di guarigione o di malattia, quel sangue di
vita, che ha lo stesso colore e lo stesso sapore caldo e metallico sotto ogni
cielo del mondo, diventa sangue versato in nome di una presunta identità,
razza, religione, ideologia che in realtà ha già perso in partenza. Perché dove
c’è spargimento di sangue, si è già rinunciato al futuro, ad un orizzonte più
grande, che invece di escludere include, comprende, abbraccia le differenze, e
parla.
Parla la lingua dell’umanità.
Parla la lingua dell’umanità.