E’
sera, Papera e Cana ronfano beati tre le braccia di Morfeo.
Per
i grandi è ora del pigiamino, agognata meta dopo una luuuunga e
intensa giornata. Perché, come dice una massima di Pappàpapero “IL
PIGIAMINO E’ SEGNO DI LIBERTA’”. L'anatide maschio ha
infatti un'inusitata abilità nell'infilare l'indumento da notte,
paragonabile solo a quella Arturo Brachetti, come Clark
Kent in un nanosecondo si butta nella cabina telefonica
trasformandosi in Superman (e sfido chiunque a dirmi che
anche il suo non è un pigiama!!), così Papàpapero si traforma
nello sbiciolatore di popcorn, nel folle divoratore
di schifezze e serie spazzatura, nel supremo atleta del divano.
Ma
stasera... accade qualcosa di strano. Il tempo, in via del tutto
straordinaria, rallenta e come in una moviola si
osserva allo specchio e guardandosi con gli occhi
sinceri del suo trascorrere si chiede “Ma chi è quel signore di
mezza età vestito come un deficiente? Ma come si è conciato? Ha un
assurdo pigiama bucherellato con stampate delle pecorelle mezze
sbiadite, ci sono anche delle striature di candeggina che
fan pendant con i capelli infarinati? "
E’
così Papàpapero si rende conto che il suo pigiamino preferito
potrebbe rinnovarsi e diventare un nuovo straccio per la polvere. Ma
ne avrebbe il coraggio? Potrebbe venderlo su E-bay e spacciarlo per
un modello vintage della Benetton o fare un atto di finto coraggio,
foderarsi gli occhi di lana cotta e giudicarlo degno del cassonetto
Caritas (rifugio peccatoribus delle nostre debolezze affettive)
accompagnando l'abbandono con meste e sagge parole quali "Speriamo
che abbia un’altra vita e renda felice qualche "bisognoso"
ma speriamo soprattutto che i volontari che si occuperanno dello
smistamento non gli tirino troppo accidenti visto che la famiglia dei
paperi li prende sempre molto seriamente!” E’
vero, è solo un pezzo di stoffa. Ma come si fa dopo anni di nanne
serene (o quasi ) a congedarlo? Chi siamo noi esseri umani per
giudicare i pigiamini usurati e i vestiti dismessi? Diamo una dignità
anche a loro, compagni fedeli di vita e di esperienze.
E
allora! Basta con gli animalisti, i nudisti, i
crudisti, gli assenteisti... innalziamo i vessilli del
rattoppo, abbattiamo lo stigma della moda! Uniamoci e difendiamo il
diritti degli abiti dimessi!
AMICI
DEI RATTOPPI E DELLE PEZZE, UNITEVI AL MOVIMENTO ANTIMODISTA!!!
Ma,
Pigiamino bel pigiamino, se potessi parlare cosa diresti al tuo
padroncino? Sicuramente decanteresti doti e pregi sintetizzandoli in
quattro aggettivi: usurato, ingobbito, occhialuto,
ingrassato. Esprimeresti ul desiderio di volerne uno nuovo, un
Roberto Bolle qualsiasi (…sempre che non dorma con la pantacalza...
o ammesso che indossi qualcosa… o ammesso che
Bolle dorma e non sia sempre in bolla sulle punte?).
Ma,
Pigiamino pecoroso, purtroppo calzi solo le forme di Papàpaero. E’
andata, così non ci puoi far niente, nemmeno telefonando a
Pigiamofono Azzurro potresti essere affidato a un altro padrone,
Pigiamofono Azzurro...non esiste (ih! ih! ih! -risata bieca-).
Però
puoi considerarti l’highlander dei pigiamini Benetton del 2006! Sei
testimonal di come il tempo scorre velocemente sulle tue fibre e
sulla nostra. Nel lontano 2006 fosti acquistato da
Mammapapera per il quasi marito Papàpapero per sostituire il
disgustoso pigiamino anni 80 color azzurro Fiat-cinquecento,
con i rombi e gli elastici in tutti i buchi, polsi, caviglie,
collo(……apneaapenaapneaapnea). Uno di quei pigiami che per
infilarli dovevi aiutarti con un divaricatore. Un vero cimelio
della D.D.R!
Mettila
così il Piccolo Principe aveva una rosa, la sua rosa che per lui era
la più bella, l’unica, Papàpaero ha te. Non sei un
pigiamino con le pecore qualsiasi , tra le tue fibre sono
intrecciati ricordi, il tuo cotone è intriso
di un pezzo di vita condivisa e vissuta tra Mammapapera e
Papàpapero..
Dieci
anni che ti indosso , dieci anni dal nostro matrimonio. Ricordi
lontani, antichi, forse mai esistititi, cancellati dal tempo, tu eri
già con noi AntoedElena, ElenaedAnto, i Cino’
per nonno Toni, i matti per gli amici, i Monamini per noi.
Dieci
anni dal nostro "Si": Primo aprile 2006,perché
sposarci doveva essere uno scherzo molto serio. Credevamo
ancora che con la vita si potesse giocare, ridere e scherzarci
sopra. Amarla perché non ci avrebbe mai tradita.
Collezionavamo
ricordi fatti di piume e leggerezza e sognavamo. Elena era ancora
un'attrice che aveva concluso l’esperienza della vita da teatrante,
aspirante laureanda del Dams, piena di progetti e sogni in cui
tutto era indefinitamente definito, cannibale di libri, teorie e
cultura, mangiatrice di popcorn, divoratrice di film assurdi, (film
di 8 ore girato d’estate in un bagno pubblico della stazione
sciistica di Anghella nelle Ande argentine, sottotitolato in lappone,
prodotto in Israele, con attori del teatro del No giapponese).
E
poi c’era Anto, che aveva accantonato da pochi anni la sua passione
per il mondo della creatività perseguire il forte e inarrestabile
richiamo mondo del sociale. Educatore di comunità,
tanti sogni nel cassetto, studente a tempo perso di
psicologia, pieno di certezze, animato da una fede attiva e
salda, con la piacevole sensazione di avere un timone nelle mani.
L'incertezza
non spaventava, AntoedElena facevano librare i sogni verso destini
inimmaginabili che la realtà avrebbe trasformato e forgiato.
Ricordi, ricordi strani , bizzarri di quell' incredibile 1aprile
2006.
Elena
che poche ore prima della messa, si cenerentolizza e pulisce il bagno
della casa dei genitori, di lì a poco piena di parenti e ospiti.
Elena che
infila al suo amato neo marito la vera nel medio della mano destra
(...) incastrandola per bene.
Risa,
gioia Felicità, ricordi, ricordi di festa, festa, risa
leggerezza, e poi ritrovarsi improvvisamente soli,
rannicchiati in una vecchia Cinquecento per raggiungere la location
per le foto ripetendosi “Cavolo lo abbiamo fatto!!!!.Che
pasticcio!!”
Anto,
che durante le foto ricordo si ritrova a spingere la micro-car del
mjtico Alfredo che disperso nella campagna tra Manzolino e
l’agriturismo del rinfresco.
Leggerezza,
libertà ed il futuro era ancora uno spazio infinito, da riempire. Il
traguardo del nostro sì lo voglio era la partenza
della nostra vita, della nostra realtà.
Poi
la vita si è fatta finalmente sentire. La vita, quella di Frank
McCourt. La vita che con le sue unghie nere e i polpastrelli callosi
ci ha afferrato e tirato giù dal pero.
Non
eravamo ninfee galleggianti sulla superficie della sorgente della
vita in attesa di sbocciarte, eravamo indubbiamente dei SEMI, sia di
nome che di fatto, e come tali la vita ci doveva sotterrare e
ricoprire con terra e cacca. Sempre più giù terra e merda.
E
allora? non c’è nulla di straordinario, prima o poi capita a
tutti che la vita si faccia sentire, no? Oddio... poteva capitarci a
70 anni, ne avremmo vissuti almeno altri 30 in un mondo di bambagia
dove i problemi gravi potevano essere i voti deludenti di un figlio
somaro, ma questa non è la nostra storia. E così ci siamo ritrovati
in una rete di sofferenza che non avevamo mai provato: due gravidanze
svanite in poche settimane, la malattia di quel nonno che voleva, e
avrebbe potuto essere, il più nonno di tutti e che si è dovuto
accontentare di tenere il proprio nipotino sulle su gambe sedute in
carrozzella prima di lasciarlo per sempre. La malattia dell’altro
nonno, che l' ha reso ovattato e non gli permette di vivere in pieno
le cose. Le nonne provate da tumori e depressione.
E
poi Papera, la gravidanza difficile, la delicata operazione, e
il tumore e la recidiva e poi e poi tutto
intrecciato invischiato nel correre, nell'incastrare... ma eravamo
sempre noi sempre, noi nonostante tutto.
E
il burattinaio che tira i fili e a volte impicca, l'orologiaio che
blocca gli ingranaggi, o quel Dio, o quel niente che ci governa, bè…
dovrebbe darci delle spiegazioni, perché tutto sommato
sul pero si stava bene!!!
E
ora che
stiamo
faticosamente tentando di spuntare da tutto quel letame, di rinascere
annaffiati
da chi ci ha sostenuto e amato, e
da noi stessi, ora
ci troviamo così, con i capelli infarinati, le occhiaie perenni, tu
con la pelle da Sharpei e
le guance svuotate
come il commissario
Bassettoni, io , con una gobba stile Aigor e un accenno
(eufemisticamente)
di panza, la
bocca un po’ più asciutta, l’animo più prosciugato e avido,
stanco di cercare l’incanto.
I
complimenti e le parole sussurrate
rimangono ingarbugliati
nella realtà e
fioriscono nel quotidiano deviando
verso
la via del fare: una
colazione a letto, una cena post addormentamentum pargolis,
o il
ricordarsi di essere prima di tutto, in partenza, in potenza, Noi
proprio prendendoci cura della
nostra strampalata famiglia.
Nostalgia
del Come eravamo? Non lo so, il nostro È non ci
permette di deconcentrarci perché il Sarà ci
spaventa, e inevitabilmente ci aggrappiamo all’ Adesso e
cerchiamo di succhiarlo e viverlo intensamente, perché la vita
questo ci ha insegnato, mandando in vacca qualsiasi riferimento
metafisico.
Io
faccio fatica, non ho ancora la pace in me stesso, continuo a
sentirmi imbruttito, a volte un inganno per te e per i bimbi. E poi
mi dico che noi siamo come l’Uomo Pietra dei Fantastici
4, noi abbiano la forma della nostra vita, della realtà che si è
appiccicata sulla nostra pelle. Sassi che potevano lapidarci,
affondarci, farci
annegare e
che
invece ci hanno
resi più duri, più corazzati. Forse
più lontani dai nostri desideri, ma ben piantati sulla terra.
Abbiamo perso... ma abbiamo vinto (un
po' come tutti gli schieramenti politici dopo le elezioni).
Siamo
come quel
pigiamino
delle pecore, logorati, scoloriti, ma nonostante tutto calziamo la
nostra
vita
e cerchiamo di farla star comoda nei nostri panni.
E
allora,
nonostante l’ abbrutimento
e l’imbrattatura, le piaghe
dell’animo e lo
stropiccio
cuore siamo e continuiamo a rincorrere allegria
e follia
perché sono linfa e ossigeno per noi, per la Papera guerriera e per
il
comandante Bellacana.
E
io... io non so ancora se ce l’ho fatta, e quanto e perché sono
in tempesta, ma non sarei mia diventato Papàpapero senza di te. Hai
sopportato e accettato le mie rabbie abilmente traslocate
dall’angoscia dell’esistere al concreto bisogno di ordine,
pulizia, igiene, il mio trasfigurarmi in casalinga isterica, in un
Kapò che ti rinfacciava sempre le faccende non sbrigate. Certo non è
(fortunatamente) nella tua natura essere la fatina della casa, ma
pazientemente hai in parte ascoltato... e in parte ti sei fatta
scivolare addosso tutte le mie manfrine.
Sei
in grado di reggere i miei attacchi di rabbia, la pesantezza delle
mie provocazioni, del mio lamentarmi che a volte accogli, altre a
volte lasci correre… a volte prendi di punta, a mi rendo conto che
meriterebbe di essere pagato con un ben assestata bastonata.
Tu
che ce la metti sempre tutta a infilzare il quotidiano con la
leggerezza.
Tu,
che ti accontenti e fai festa per una brioche scongelata del
discount, che anche se hai in banca il conto di RenatoAZero, va bene
lo stesso, non te ne fai cruccio.
Tu
che ti accontenti del presente, senza troppi rimpianti o
rivendicazioni per una sliding doors nella quale avresti potuto
rincorrere le tue passioni. Vivi, vivi e mi dimostri che la realtà è
bella se tu l’ami, l’accetti ( a volte anche se la accétti un
po'), la vivi senza troppi se…ma…bho.
Tu
che tieni in un forziere le tue ansie, che raramente lasci uscire e che, nel caso,
fanno un gran
botto
d’artificio ma non sono mai
distruttive come un terremoto, perché tu scegli sempre noi.
Tu
che sei
l’interprete silenziosa
dei miei umori e mi permetti di comunicare con il mondo con il
quale
a volte litigo e da cui vorrei ritirarmi.
Tu
che traduci le mie parole farfugliate e mangiucchiate restituendo
loro una
forma intelliggibile.
Speriamo
che sta stronza della Vita ci permetta di restare insieme ancora un
bel po', intanto prediamoci questi 12 anni.
12
anni insieme a te.
Ammetto
di essere un pellegrino in cerca di sogni, un ingenuo un po’ ignavo
che ha la sensazione e la certezza di
aver fatto scivolare le occasioni perché non
si è sentito mai pronto
pronto, adeguato.
Spesso
in questa vita mi sono sentito in gavetta, ma di una cosa sono certo
e mi sento sicuro, io ho amato!
E
amo, vi amo e sarà così sempre, qualsiasi accidente la vita ci
metterà difronte!
In
questi 10 anni di
matrimonio i nostri
cuori hanno battuto
in sincrono, scassati, imperfetti ma hanno battuto il tempo
dell’amore, e tutto questo vale e varrà sempre, ed è un pezzo di
eterno che abbiamo incastonato, marchiato
a fuoco nel nostro cuore, nella nostra anima, nelle nostre gambe
stanche che corrono ancora giù dalla collina in attesa di spiccare
il volo.