lunedì 19 maggio 2014

De Bellum Papero




Ore 07.45 anti meridiane.
“Papàpapero…”
“Mmmmmh…”
“Ho l’ansia…”
“Mmmmmh?????”
“L’ansia!...ho l’ansia!!!!”
“Mmmmmh…..per cosa!?”
“….per tutto!”
“…”
“Ma…dormi?”
“Mmmmmh…?”
“Io ho l’ansia e tu dormi???????”
Papàpapero si mette a sedere. Capisce benissimo che la sua vita dipende dal riuscire a dimostrare che no, non stata assolutamente dormendo. E allora va bene. Parliamo pure di ansie. Anche lui ne ha una. Un pensiero fisso, forse una sciocchezza. Ma costante come la goccia cinese. Come il quadro storto, il rubinetto che perde.
La cosa che lo tormenta ormai da un anno è una parola. Una parola stancamente frequente nella vita della paperfamily, così  pericolosamente  riCorrente  che i riVOLT la propagano come una scossa elettrica a tutta la rete amicale e famigliare.
 La parola non è tumore, non è chemioterapia, non è nemmeno un imprecazione. La parola è GUERRA.
Ci vorrebbe un bravo italianista che potesse chiarificare  questo mistero etimologico. Caro Professore Don G, eri uno dei due latinisti più famosi di Mutina,  parlavi il latino tanto fluentemente quanto Marcantonio, forse perché, nonostante le esili fattezze , eri un higlander. Dammi un indizio. Dov’è successo che il nesso si è rotto? Perché per i latini guerra è BELLUM? Forse perire in combattimento è nobile e onorevole, ma cosa c’è di bello in tutto questo? Combattere, lottare, ritrovarsi affannatati e stremati, afflitti nella polvere impastata del sangue degli altri....
Personalmente mi ritrovo più in linea con gli inglesi: WAR, cugina sonora di WHORE. La guerra, la nostra guerra, è una gran baldracca, una zoccola baiadera che batte dove non dovrebbe più battere, che non guarda in faccia chi ha davanti. Oltretutto battere una che batte è una gran sfida!
Forse la Paperfamily sbaglia qualcosa…forse dovrebbe sforzarsi di più, cercare di trovare il bello in questo bellum. E invece no. Sono ancora qui a rimuginare e a scriverne, e a parlare parlare parlare, perché per quanto lo si mastichi il boccone continua ad andare di traverso. Un po’ invidiano chi riesce a viverla diversamente.  Luca Caprai, l’amministratore delegato di  Cruciani (quello dei braccialettini di macramè) convive serenamente con la sua rara forma tumorale, anzi, ha imparato a gestirla come parte della sua vita per non permettere alla malattia di diventare IL MALE che manda in metastasi tutta la tua vita. E' come negli affari, un 'attività da gestire, da pianificare, da relegare in uno spazio ben definito in modo che non inquini tutto il resto.
Qualcuno si sta chiedendo se i papergenitori conoscano il signor Caprai?... bè, effettivamente… no! L’animo glamour/modaiolo  della Paperfamily  è pari a quello di un branco di Yak a Portocervo ma…mai dire mai!
Di certo Mammapaera e Papàpapero questo scarto non sono riusciti a farlo. Forse a causa del loro animo “surrealartisticovisionario”, fatto sta che la guerra c'è.  È  presente, in corso, e non li ha edificati né li edificherà. Anzi, ha una certa tendenza distruttrice e frantumatrice…
Certo,  la guerra in assoluto è quella della Papera, in trincea c’è lei, è il suo organismo che regge  il dolore, il fastidio, la cura,  la noia è lei che sta facendo sempre più alla grande il suo dovere di pennuta cazzuta (…e scodata) che si è fatta più operazioni di Pitagora, Archimede e Talete messi insieme.
La guerra dei papergenitori è contro i propri pensieri, che a volte hanno l'alito fetido di Voldemort, gli occhi dell'Urlo di Munk e l'angoscia di una lucciola nel bicchiere: funzionerà? E se non funziona? I medici hanno detto, ma …..nessuno è infallibile, e la papera stupisce sempre tutti, sia nel bene che nel male mannaggialei! ...Che conseguenze avrà a lungo andare? …Dovremmo fare più naturopatia, omeopatia, musicoterapia… o semplicemente normaloterapia.
La guerra sta nel non lasciarsi andare, anche se a volte ti viene da pensare che ne avresti tutto il diritto: abbandonarsi sul divano ingollandosi di birra e popcorn senza curarsi di nient’altro. A dire il vero questo succede eh. L’animo nerd di Papàpaero e Mammapapera è tale che davanti al Trono di Spade potrebbero sgranocchiare un intero campo di Mais.
La guerra è nel quotidiano, la fatica che a volte paralizza, quel voltastomaco che si insinua sottile quando l’ascensore supera il quinto piano, oppure lì, davanti alla porta del reparto mentre aspetti che la honchess di turno venga ad accoglierti e senti quel disgusto per questo pezzo di vita che si mangia tutto il resto. Un senso di rigetto muto e fluttuante  per i parti consumati in piedi, come cavalli, velocemente. Per  i lamenti e pianti legittimi,  e incredibilmente rari che la notte attraversano il buio del reparto e che però a volte non  fanno scattare l'empatia ma  i nervi, e dentro senti  una voce che urla “BASTA BASTA BASTA!!!!!”
È una guerra contro la pazzia, contro il lasciarsi andare alla deriva, contro l'invidia, contro la maledizione del “ma stavolta non poteva capitare a qualcun altro?”
La guerra insidiosa tra il com’è e il come poteva essere. Inutile, rabbiosa, dolorosa.
La guerra quotidiana per mantenere le staffe ben salde e rendersi conto che per un asciugamano con dal candeggio sbagliato saresti in grado di mettere in discussione matrimonio, patria podestà ed etnia di origine fino al giurassico inferiore.
La guerra è nel futuro di nuove malattie dovute alle terapie dei primi anni di vita, la marcia bloccata sulla disabilità, il dolore di perderla e di impazzire.
Guerre di cui abbiamo parlato e parleremo ancora, perchè sono il nostro quotidiano. Un fardello che avremmo voluto buttarci alle spalle e che invece ci ritroviamo sul groppone all’ennesima potenza.
Un De Bellum Papero che speriamo sia almeno un po’ d’aiuto ad altri combattenti e di cui vorremmo scrivere presto la parola fine. Nel migliore dei modi, col sorriso. Per noi, e per tutti gli altri.
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